L’allarme della Cgil di Olbia-Tempio: “La sicurezza e i diritti dei lavoratori vengono quotidianamente calpestati”

Parla la segretaria Cgil Luisella Maccioni.

“Quanto sono centrali il lavoro e i lavoratori nella società italiana e nei programmi degli schieramenti politici che si affronteranno nelle elezioni politiche del 4 marzo?” Questa la domanda che si pone Luisella Maccioni, segretaria della Fp Cgil di Olbia-Tempio, “domanda, finora, non trova risposta se non attraverso i soliti e generici proclami sulla costruzione di nuovi posti di lavoro e sul richiamo costituzionale all’ art. 1 ma si spegne e raccoglie, tra l’altro, pochissima solidarietà e attenzione quando si esce dal mondo virtuale e la realtà sbatte prepotentemente il mostro in prima pagina consegnandoci, nell’ordine, la morte di quattro operai nel Milanese e il licenziamento di un delegato sindacale presso l’Aias Sardegna.

Due drammi emblematici che riportano al centro dell’attenzione il lavoro, i diritti e la tutela antinfortunistica, concetti importanti ma evidentemente non cogenti nella società italiana, sorpassati e scavalcati dagli interessi aziendali e dal loro nuovo credo imperniato su due semplici e ciniche domande. Quanto costano i diritti? Quanto costa la sicurezza sul lavoro? Assistiamo dunque a un arretramento notevole della centralità del lavoro e dei lavoratori e, allo stesso tempo, alla tendenza politica di spostare l’asse di intervento a favore delle imprese e del capitale a discapito della spesa sociale per i lavoratori. Sui lavoratori si sono concentrati e rivolti i vari concetti di flessibilità nelle riforme del lavoro dal 1997 al 2015, culminate con il Jobs Act, fino alla schiacciante avanzata delle privatizzazioni, viste come argine e cura alla corruttela imperante nelle aziende pubbliche o come forma di ammortamento del debito pubblico”.

Luisella Maccioni ha aggiungo che “Le condizioni di lavoro, oggi, rappresentano l’avanguardia più spinta della nuova filosofia che tende a considerare i lavoratori come semplici strumenti di produzione e non come portatori di diritti positivi e costituzionali. La conseguenza è che in in Italia si continua a morire di lavoro, discriminare e licenziare chi esprime posizioni in difesa dei dipendenti soprattutto nella rivendicazione (forse inutile per taluni personaggi) del pagamento del salario. Due capisaldi del Diritto del Lavoro e del movimento sindacale, sicurezza ed esercizio delle libertà sindacali, vengono quotidianamente calpestati e ignorati nei vari posti di lavoro, sia pubblici che privati. Anche per questo colpisce il rumoroso silenzio che si è sviluppato attorno a queste due fondamentali tematiche.

Il richiamo del Presidente della Repubblica sul rispetto scrupoloso delle norme e sulla necessità di attuare rigorosi e attenti controlli diventa, perciò, sostanziale per ricollocare al centro di ogni dibattito la sicurezza nei posti di lavoro e la restituzione agli Enti preposti (Asl, Direzioni provinciali del lavoro, vigili del fuoco ecc) l’obbligo di controllo e verifica, la redazione di documenti sulla valutazione dei rischi reali e conosciuti, la formazione e la partecipazione dei lavoratori, senza svuotarli di competenze e personale, com’è accaduto in questi ultimi anni. In questo contesto, diviene fondamentale e urgente il ripristino del diritto di espressione e di libertà sindacale nei posti di lavoro. Per troppo tempo si sono considerate le relazioni sindacali alla stregua di lacciuoli per la libertà d’impresa, per troppo tempo si è dato molto ascolto alle imprese e poco ai lavoratori, per troppo tempo si è tollerato che il lavoro possa essere non retribuito, per troppo tempo si è sostenuta l’inutilità del sindacato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: licenziamenti “politici”, discriminazioni, mancata applicazione di ogni regola civile.

Non è accettabile che tutto ciò si verifichi anche nell’ambito degli appalti pubblici, in aziende che da anni gestiscono servizi pubblici e in cui, da anni, viene a mancare il controllo dell’Ente Pubblico. Il disappunto manifestato pubblicamente dall’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru, sul caso del licenziamento del nostro sindacalista, Michele Serra, da parte dell’Aias, è confortante ma non cancella il silenzio istituzionale che aveva finora contraddistinto la vicenda. Serra è il quarto sindacalista licenziato dall’Aias, associazione gestita con fondi pubblici regionali, dal 2017 a oggi. Mettere in discussione la libertà sindacale significa scardinare i concetti che sono alla base della nostra democrazia. E farlo essendo foraggiati da fondi pubblici è decisamente intollerabile”.

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