Una fotografia della situazione nelle cooperative.
In Italia secondo dati Istat/Censis ci sono oltre 3,3 milioni di lavoratori sfruttati, di questi 100mila nelle false cooperative. Dati che evidenziano che sono compromessi molti settori imprenditoriali. Su questo fronte sensibile, per ragioni di giustizia sociale, associazioni datoriali, sindacati, imprese e organismi di controllo devono insistere con strumenti di contrasto e di vigilanza, costruire percorsi seri di sviluppo. Creare griglie e misure più selettive.
Fatta salva questa premessa ci piacerebbe fare un’altra riflessione: se i lavoratori coinvolti, mediamente, nelle cd. “false cooperative” sono centomila su tremilionitrecentomila, ovvero il 3% circa di questa zona d’ombra, come mai sui media, stampa e tg, quando scoppia uno scandalo (vedi Roma, Mafia Capitale) o altri fatti, anche recenti, legati a veri o presunti casi di sfruttamento del fenomeno immigrati e rifugiati, perché il mirino – quando non direttamente il bazooka – viene puntato sulle cooperative (3% di malaffare) e ci si disinteressa delle altre restanti forme societarie (97%)?
Una risposta plausibile sarebbe: le cooperative – sopratutto quelle sociali – godono di una fiscalità di vantaggio, e, per statuto, dovrebbero concorrere all’interesse generale della comunità, al cosiddetto bene comune e, nel caso delle sociali di tipo B: al reinserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati. Quindi la colpa sarebbe quella di tradire un fine nobile per trarne profitto. Se così fosse, potremmo condividere l’accanimento che stampa e media riservano alle pecore nere del movimento cooperativo, affiancheremmo entusiasti gli ispettori dei Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico, punire coloro che infangano il buon nome della cooperazione – realtà che, in Italia, vanta 164 anni di storia*.
Invece, a fronte di 32 anni vissuti in trincea in questo ambito professionale, la mia esperienza mi dice che la cooperazione è – ancora – la piu’ bella forma di democrazia economica e, con qualche dato e pochi commenti, ritengo di poter sostenere questa affermazione con ragionevole certezza. Innanzitutto la cooperazione è una delle poche forme societarie citate, e valorizzate, nella nostra costituzione. L’art. 45 recita così “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.”, questo fatto ci ricorda quanto lo spirito cooperativo fosse presente e capace di incidere nel pensiero dei padri costituenti, però, non potendo vivere di ricordi, è necessario attualizzare all’oggi.
Secondo i dati Istat le cooperative attive nel 2011 erano 61.398 e avevano un fatturato pari a 105 miliardi, cui si aggiungevano i 25,1 miliardi delle società controllate da cooperative, per un totale di 130 miliardi. Applicando a questi valori il tasso di crescita registrato tra il 2011 e il 2013, contenuto ma comunque positivo (4,9%, nonostante il picco della crisi economica mondiale), è stato possibile realizzare un fatturato aggregato 2013 pari a circa 136,5 miliardi. Un valore superiore a quello di qualsiasi impresa italiana, pubblica o privata. Un valore pari all’8,5% del prodotto interno lordo. Una stima più precisa è possibile per l’occupazione: secondo i dati Inps erano occupati, a fine 2016, 1.300.000 lavoratori. Avvicinandoci ulteriormente al nostro territorio, rileviamo che le proporzioni – ovvero l’8% del pil – sono rispettate anche in Sardegna e in Gallura.
Giorni fa, commentando con un giornalista la pubblicazione dei dati Cerved, sulle principali 500 imprese sarde, ebbi modo di ricordargli (nella mia veste di coordinatore protempore del T.A.G.): posso solo osservare che la classifica, così come presentata nella tabella del Cerved, conferma alcuni dati noti: la leadership di Meridiana, di As do Mar, delle catene alberghiere, della Grande distribuzione organizzata, della filiera del sughero, delle concessionarie auto e dell’agroalimentare. Dati confortanti in tempi di crisi, e tutti ci auspichiamo che gli indici di crescita continuino ad essere positivi e a crescere. Però l’analisi e la esposizione del mero dato economico, del fatturato, non fa emergere quello che, invece, sarebbe un dato molto più interessante: quello delle unità lavorative. Infatti, nella graduatoria pubblicata si intravvedono appena, vi sono aziende, imprese e cooperative che se si andasse a rilevare il contributo all’occupazione – quella stabile, non stagionale né precaria – evidenzierebbe indici e numeri interessantissimi.
Esemplifico: settore vitivinicolo, le cantine sociali cooperative di Tempio, Monti, Berchidda con migliaia di soci conferitori costituiscono una importante realtà di ridistribuzione di reddito, la Oltrans Service di Olbia e Il Piccolo Principe di Tempio, rispettivamente con 280 e 130 soci lavoratori sono aziende leader per il nord Sardegna nel settore dei servizi alla persona, così come una realtà storica qual è la Compagnia portuale Filippo Corridoni o il Gruppo Ormeggiatori di Olbia, anche qui con oltre 100 soci.
Ecco, e qui parlo da dirigente del movimento cooperativo, la cooperazione conferma la sua vocazione di più alta forma di democrazia economica, il fatto che l’85% dei costi aziendali vada in stipendi ai soci è un dato che dice molto più del mero fatturato. Se, inoltre, si ascoltassero gli altri amici del T.A.G., ovvero i rappresentanti di Cna, Confartigianato, Confapi, Confcommercio, Confagricoltura e i colleghi sindacalisti Cgil, Cisl e Uil, si avrebbe conferma che sono le pmi e le imprese artigiane le aziende che danno più stoffa umana al tessuto imprenditoriale. di crescita Le cooperative italiane sono una realtà capace di grande inclusione socioeconomica dal momento che il 52,8% delle persone occupate sono donne, il 22% sono immigrati, ne vogliamo parlare?
*La prima cooperativa costituita nel nostro Paese è il Magazzino di previdenza di Torino – una cooperativa di consumo – sorto nel 1854 per iniziativa della “Associazione degli operai”. Due anni più tardi ad Altare, in Provincia di Savona, nasce la “Artistica Vetraria”, una cooperativa di lavoro.