Pugno di ferro sulla prostituzione dai Comuni, ma solo Olbia adotta il regolamento che multa i clienti

La scelta del Comune di Olbia.

Per contrastare la prostituzione bisogna colpire la domanda. È la conclusione più efficace adottata dai “paesi nordici” europei a cui si è ispirata anche l’amministrazione comunale di Olbia, con una mozione che punisce gli uomini che consumano prestazioni sessuali a pagamento sulle strade cittadine. Un modello che va oltre l’ispirazione abolizionista della legge Merlin – che punisce esclusivamente i capi della tratta e chi favoreggia il fenomeno – e che si pone contro le tantissime ordinanze italiane contro il decoro che criminalizzano anche le lavoratrici sessuali che adescano gli uomini con abiti succinti, che però quasi mai scelgono di prostituirsi.

La prostituzione è violenza contro le donne ed è una delle poche ordinanze italiane che non trattano la prostituzione come una questione di decoro. La mozione di Olbia, che parte da questo principio, ha rilevato che il 37% delle donne sono vittime di tratta sono minorenni, soggiogate con riti voodoo e violenze fisiche. La misura, appena approvata, è fortemente voluta dalla consigliera della Coalizione Civica e Democratica di Olbia Patrizia Desole e ispirata al “modello svedese”, che si prospetta come una soluzione al contrasto della prostituzione in città.

I paesi nordici sono gli unici che hanno applicato una legge chiamata “neo abolizionista”, che si basa sul principio che la prostituzione sia una forma di “stupro a pagamento” e che le donne che offrono prestazioni sessuali a pagamento sono per lo più vittime della tratta di esseri umani, pertanto non vadano punite.

La mozione passata a Olbia prende le mosse da una serie di misure approvate negli anni in Europa per il contrasto dello sfruttamento di donne e bambine. Alcuni comuni italiani, tra cui Olbia, hanno seguito gli stessi principi, malgrado la legge Merlin sia improntata sul modello abolizionista tradizionale, che punisce solo il favoreggiamento e lo sfruttamento ma non colpisce la domanda di prestazioni sessuali, causa dell’offerta di ragazze sempre più giovani e per lo più immigrate irregolari, tenendo vivo un sistema culturale che riduce in schiavitù donne e bambine.

La mozione di Olbia si pone di rafforzare le azioni finalizzate a contrastare lo sfruttamento. Ma per risolvere il problema della prostituzione non bastano soltanto le sanzioni. Bisogna favorire un tavolo che veda coinvolti più soggetti, tra cui la Consulta permanente sulla legalità, i servizi sociali, le associazioni che si occupano del tema, la polizia municipale e le forze dell’ordine, al fine di promuovere specifiche azioni per prevenire e contrastare il fenomeno ed implementare strumenti di assistenza e integrazione sociale per le vittime della tratta. Bisogna porre in azione campagne informative ed educative nelle scuole, per creare una cultura della consapevolezza e del rispetto delle donne.

“La prostituzione è una moderna schiavitù che lede la dignità umana – ha detto la consigliera comunale Patrizia Desole -. Il Comune di Olbia applicherà la mozione basandosi su articoli ratificati dall’Italia e dall’Unione Europea, con misure che contrastino la tratta delle schiave, molto spesso minorenni. I paesi che hanno ottenuto risultati migliori per abolire la prostituzione forzata sono solo quelli improntati sul modello nordico”. Un problema radicato prevalentemente nella città di Olbia, dove è presente la “tratta delle nigeriane”. Negli altri comuni della Gallura, fanno sapere i sindaci, è un problema assente. Pertanto, non si è sentita l’esigenza di dover applicare alcuna ordinanza per contrastare il fenomeno della prostituzione.

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