La protesta dei pastori del latte non si ferma: “Troppi problemi in Alta Gallura”

La protesta dei pastori sul latte.

L’allevatore di Tempio Mario Carai, del Movimento Pastori Sardi, si esprime riguardo la vertenza del latte e la recente riunione di venerdì scorso a Tramatza. “Di certo non posso essere soddisfatto dell’accordo sottoscritto. I 74 cent, anche se in acconto da conguagliare a fine ottobre in base ad una griglia concordata, non ripagano neanche i costi di produzione per produrre un litro di latte”, afferma Carai.

Secondo Carai, tra le ragioni di un prezzo in acconto inferiore al previsto, “i portavoce dovevano portare avanti la volontà dei pastori in piazza, ovvero un prezzo d’acconto uguale per tutti, coop e industriali. La trattativa si è scontrata con la volontà contraria degli industriali che si sono arroccati dietro la vendita del Pecorino romano che non consente di pagare un prezzo più alto. Ma non solo: c’è anche lo scoglio delle coop che non avendo liquidità non riescono a remunerare un acconto oltre i 74 cent”.

“Ritengo – prosegue Carai – che si debba mettere da parte la prima fase di questa contrattazione per riprenderla a tempo debito con la speranza scaturisca un degno conguaglio finale. Adesso bisogna guardare alla seconda fase, molto più importante secondo me del primo accordo, perché senza un cambiamento strutturale del sistema non c’è futuro. Quindi ben vengano le modifiche degli statuti dei consorzi delle tre Dop, la rappresentatività diretta dei pastori liberi e aggregati nella vendita latte tal quale, bene le figure manageriali terze e mettere in capo ai pastori le quote di produzione delle Dop”.

Un punto fondamentale è la programmazione su come trasformare o come vendere l’eventuale latte in esubero. “Ci vorrà del tempo prima di mettere a punto altri tipi di formaggi e questo processo andrà gestito in modo da non creare diseconomie. Non solo per noi pastori isolani, ma anche per quelli toscani laziali, umbri, dove per esempio finisce parte di questo latte. Se ciò non avverrà si corre il rischio di creare aziende antieconomiche alla raccolta latte, vista la maggiore possibilità di scelta da parte dei trasformatori che schiaccerebbero i produttori, giocando sul latte in esubero a prezzo stracciato proveniente dalla Sardegna”.

“Lasciare che questo latte – continua Carai – sia gestito dai trasformatori sarebbe un grosso errore. Non creerebbe altro che delle diseconomie vista la natura diversa per la quale viene ceduto, ovvero per eccedenza, a differenza dei gruppi organizzati alla vendita del latte tal quale, che auspichiamo aumentino e si sviluppino, il cui scopo è aggregare l’offerta per vendere al miglior richiedente”.

E poi un riferimento all’Alta Gallura e tutto il Nord Est pastorale: “È tutta un’area a rischio antieconomico e per diverse ragioni. La distanza dal decentramento degli stabilimenti dei trasformatori, il numero sempre più esiguo di aziende e di medie-piccole produzioni, il deficit strutturale che abbiamo per la viabilità stradale ed anche e soprattutto per la viabilità rurale, quasi inesistente come a Tempio Pausania”.

Al di là di questi punti e altri da apportare al sistema, Carai ritiene che il latte debba avere “un prezzo di partenza pari i costi di produzione e debba esservi un’authority riconosciuta a tutela dei produttori primari che vigili su forme di condizionamento al ribasso del mercato dei formaggi, comprendente tutto il paniere dei formaggi prodotti più la ricotta. Con la trasparenza dei quantitativi di latte prodotti si deve fare la programmazione“.

Infine, una considerazione sulla riconferma di Salvatore Palitta alla presidenza del Consorzio di tutela: “Con questa riconferma non si sta dando un forte segnale di discontinuità“, conclude Carai.

In vista del conguaglio del prezzo e delle riforme strutturali del sistema assume, infatti, un peso specifico importante l’istruttoria dal parte dell’Antitrust su pratiche commerciali sleali da parte del Consorzio e di trentadue imprese di trasformazione aderenti. L’istruttoria dovrà concludersi entro 120 giorni: il sospetto dell’Autorità garante è quello che poche decine di trasformatori abbiano imposto un prezzo di cessione del latte al di sotto dei costi medi di produzione.

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