La stretta sulla cannabis light mette in ginocchio anche le imprese della Gallura

Il settore della cannabis light in Gallura.

La cannabis light potrebbe diventare illegale. I sentori dell’ennesima criminalizzazione di un settore che anche in Gallura è molto proficuo, coinvolgendo tantissimi giovani imprenditori, si sono ravvisati nella scorsa conferenza Stato-Regioni, il 12 gennaio scorso, dove si è paragonato il prodotto a quello attualmente illegale.

Quanti sono i produttori in Sardegna.

Una preoccupazione che in Sardegna e in Gallura è stata già avvertita la scorsa estate, dopo sequestri da parte della procura di Oristano e che mettono in allerta il settore. Un produttore di Olbia, che preferisce restare anonimo, ha dovuto chiudere la sua attività dopo il giro di vite contro i coltivatori della cannabis light. “Ho dovuto smettere di commercializzare il prodotto – racconta il 34enne -, per paura di quella che è una criminalizzazione di noi agricoltori, che siamo prevalentemente giovani e ci siamo messi in gioco in un contesto che non offre molte chance. Per questo motivo sono fermo e non penso che ricomincerò, almeno finché non si saprà che direzione si vuole prendere. Fortunatamente la mia era un’attività secondaria, ma immagino chi produceva solo quello. E’ veramente assurdo essere trattati come dei delinquenti e magari andare in contro a un processo per una sostanza, come il CBD, che non ha effetti psicotropi”.

Nonostante la difficoltà a reperire i dati di quanti sono i produttori di canapa legale in Sardegna e in Gallura, è possibile stilare un numero in base all’associazione Sardinia Cannabis, che conta 100 associati di cui quasi la metà vengono da località galluresi. “Con la Conferenza Stato Regioni – spiega il presidente Piero Manzanares -, si rischia di alimentare un caos normativo, che relega foglie e infiorescenze della canapa industriale alla legge 309/90, trattando come stupefacenti quelle che non lo sono. Noi, come nessuna associazione di categoria è stata coinvolta e temiamo di subire sequestri, denunce e lunghi processi. Ci sono stati tantissimi soci che sono stati sottoposti a questa criminalizzazione, soprattutto giovani imprenditrici, poiché colpiscono sempre le categorie più deboli”.

Preoccupati anche i commercianti. “Sono anni che riceviamo attacchi dalla politica – dichiara Michel Gonnet, titolare del negozio Il Canapaio di Olbia -, nonostante sia un settore, forse uno dei pochi in crescita nella nostra regione, caso strano proprio dopo che la Cassazione ha considerato valido il referendum sulla cannabis. Noi vendiamo prodotti a base di CBD, che ha praticamente lo stesso effetto della camomilla. Criminalizzare la nostra categoria è come sparare sulla croce rossa. Senza contare che il CBD, che non ha nulla a che fare con il THC, è utilizzato moltissimo da persone che hanno problematiche fisiche, perché è dimostrato essere benefico anche contro malattie difficili da curare con farmaci, come la fibromialgia. Andando a rendere illegale il mercato, si rischia di abbandonare anche queste categorie di persone”.

Le associazioni fanno chiarezza.

Le associazioni di categoria, ovvero l’associazione Canapa Sativa Italia, Sardinia Cannabis, Resilienza Italia Onlus, La Canapa ci Unisce, Sativa Molise – hanno fatto chiarezza. “Le associazioni di filiera della canapa non hanno nulla contro l’inquadramento tra le piante officinali o le spontanee di Cannabis sativa Linnaeus in quanto già in passato hanno già sostenuto la natura “oggettivamente officinale” – spiegano -. Ritengono importante chiarire che fiori e foglie di canapa sotto i limiti di legge e i prodotti e commercializzati ad uso esclusivamente ornamentale rientrano nell’articolo 2, comma 2, lettera g della legge 242”.

Una distinzione fondamentale, che nel testo della Conferenza Stato Regioni è mancante. “Sarebbe stato necessario chiarire – aggiungono – la distinzione tra la coltura delle varietà ammesse per gli usi e le destinazioni previste dalla legge 242/2016 dalla produzione di foglie, infiorescenze e sostanze attive derivate dalla cannabis per uso e destinazione alla filiera strettamente farmaceutica. Il solo riferimento alla produzione dei semi e derivati dei semi risulterebbe limitativo nei confronti dello sviluppo agroindustriale della filiera costituendo tra l’altro anche una restrizione quantitativa all’organizzazione comune del mercato della canapa”.

“La formulazione del decreto rischia di generare fraintesi non includendo esplicitamente tutti gli altri usi già
previsti dalla legge
e non chiarendo la possibilità di realizzare i suoi derivati ottenuti dall’intera pianta – informano -. E’ vero che menziona la legge n. 242/2016 che non può ne è derogata dalle disposizioni del decreto ministeriale.
Nella seconda parte del comma 4 il dubbio delle forze dell’ordine potrebbe sorgere benché sia chiaro che il
periodo si riferisca alla sola produzione farmaceutica
e la relativa autorizzazione ministeriale. Il riferimento a
“foglie e infiorescenze” in questo solo periodo e non anche in quello precedente potrebbe indurre gli operatori delle forze di polizia ad effettuare operazioni per violazione del Testo Unico sostanze stupefacenti”.

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