Un messaggio di speranza nella poesia di Natale in gallurese del poeta di Tempio Gianfranco Garrucciu

natale natali gianfranco garrucciu

Pubblichiamo la poesia sul Natale in lingua gallurese – con traduzione in italiano – “Natali”, una poesia che manda un messaggio di speranza a chi è solo, del poeta di Tempio Pausania Gianfranco Garrucciu, 70 anni.

Il poeta, ex tecnico della prevenzione nei luoghi di lavoro, pensionato da 3 anni, ha ricevuto numerosi premi nella sua carriera da poeta, iniziata per caso da bambino.

“Prima di scrivere in gallurese scrivevo piccoli racconti in italiano, poi tra i 16 e i 17 anni ho letto un testo con le poesie del “Premio Ozieri”: tra gli autori, in lingua gallurese, il poeta Pietro Lentini, tempiese, pluripremiato. Le sue liriche erano estremamente musicali, e così è nata la mia passione per le poesie nella lingua madre, e ho iniziato subito a scriverne anche io. Le mie poesie raccontano di vari temi. Dall’amore, alla terra, alla denuncia sociale – come la poesia premiata ad Ozieri, l’ultimo premio ricevuto pochi giorni fa – ma anche satira ed erotismo“.

I premi arriveranno molto più tardi: “Quando mia moglie, eravamo già nel 2000, decise di mandare ad un concorso di poesia sarda di Alghero – racconta Garrucciu -. Vinsi il primo premio. Da lì parte tutta la storia, con centinaia di premi e di riconoscimenti sino ad oggi“.

Difficile elencare tutti i premi vinti: “Recentemente? Dal 2019 a oggi 12 primi premi, 6 secondi premi, 4 terzi premi, tre targhe e 5 menzioni speciali. Tra questi spiccano gli ultimi: quello di Olbia, e quello di Ottana, e quello di Ozieri, che è il concorso più longevo e il più importante dei premi, che ho vinto per la terza volta, una volta nella prosa e 2 nella poesia”.

Natali

A li stélli lùccichi
s’aùnini in gjócu
dulci schinchiddi
chi da lu fócu
pàltini
cilchendi libbaltài.
Un ventu licéri
li polta pa’ maìa
veldi lu céli…
e iddi si cùrrini
e si pàldini,
si sìghini
e s’allàlgani,
pal basgiassi dilicati pói, candu si tòrrani.
Cussì mattessi
li pinsamenti méi,
da li prufundi
agnati di la ‘iritài,
bramani lu céli
in chista notti
chjara di Natali,
in chista notti,
pa’ umbè,
amara e frita,
undi lu córi
è un pugnu di gjélu
e undi pasci, matrona,
la sulitài.
Cìlcani luci,
alta cumpagnìa,
pal dividì la paci,
l’alligrìa,
palchì nisciunu
aspittendi lu Bambinu
pòssia pricà da sólu
e la so’ gruci
àggja, pa un pocu,
a disviàssi.

Natale

Alle brillanti stelle
si uniscono in gioco
dolci faville
che dal fuoco
volano
cercando libertà.
Un vento lieve
le porta, per magia
verso il cielo…
e loro si rincorrono
e si perdoni,
si inseguono
e si allontanano,
per baciarsi delicate poi, quando si riavvicinano.
Così, allo stesso modo,
i miei pensieri,
dai profondi
abissi della verità,
bramano il cielo
in questa notte
chiara di Natale,
in questa notte,
per molti,
amara e fredda,
dove il cuore
e un pugno di gelo
e dove pasce, padrona indiscussa,
la solitudine.
Cercano luce,
altra compagnia,
per condividere la pace,
l’allegria,
perché nessuno
aspettando il Bambino
possa pregare solo
e la sua croce
abbia, per un po’,
a rasserenarsi

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