Il modello per l’analisi dei dati inventato da due studiosi.
“La conoscenza ci difende dalla paura“. Così recita il manifesto di CovStat, un progetto di analisi e monitoraggio di dati riguardanti l’epidemia del coronavirus ideato da Luigi Giuseppe Atzeni di Tempio e dal collega molisano Vincenzo Nardelli.
Luigi, classe 1995, laureato in Data Analytics all’Università Cattolica di Milano, è uno dei tanti sardi rimasti nella penisola e che di fronte all’emergenza ha scelto un suo percorso personale. “Non sono un epidemiologo o un virologo, però ho sentito l’esigenza di dare il mio contributo nel mio campo di competenze“, racconta il giovane gallurese.
E così il 9 marzo, da uno scambio di idee con il collega Vincenzo Nardelli, nasce CovStat, una dashboard di monitoraggio che vuole raccontare la diffusione dell’epidemia attraverso i dati.
“Il nostro obiettivo – racconta Luigi – è di dare un senso ai dati: oggi assistiamo ad una evidente infodemia e una sovrabbondanza di informazioni poco significative, perciò diventa essenziale orientare i dati”.
La dashboard di CovStat parte dai dati della Protezione Civile usando metodologie statistiche e scientifiche già applicate anche in altre pandemie, come quella cinese e in questo modo “si crea un modello che ci consente di intrecciare e contestualizzare i dati fornendo indicazioni più precise”.
Il progetto di Luigi e Vincenzo ha uno sviluppo molto accelerato: prende vita in 10 giorni con la creazione della piattaforma e la condivisione sui social. “Cercavamo collaboratori e soprattutto una referenza scientifica ed è arrivato l’interesse dell’astrofisico italiano Andrea Palladin”, racconta Luigi.
CovStat approda anche in tv grazie al professore di Statistica dell’Università Cattolia, Giuseppe Arbia, che illustra i picchi macro-regionali calcolati dal team, in una punta di Dimartedì del noto conduttore sardo Giovanni Floris, su La7. “In Sardegna vediamo che gli infetti hanno raggiunto il loro picco e siamo prossimi alla fase decrescente: questo è evideziato anche dall’indice R0 – spiega Luigi – che in questo momento è sotto l’1 e ci indica che il tasso di riproduzione dell’infezione sta calando. Dobbiamo restare tuttavia prudenti e continuare a monitorare i dati”.
Nel frattempo la squadra di CovStat cresce alimentata dalle possibilità del digitale. “Le persone del nostro team non si conoscono personalmente: tutto è nato in modalità di smart working – racconta Lugi – e oggi il team opera tra chi fa e gestisce i contenuti, chi si occupa del sito, chi della grafica, chi dei modelli. Siamo alla ricerca continua di collaborazioni”.
E poiché l’unione fa la forza, le prospettive di analisi di CovStat non si fermeranno qui: “Visto l’entusiamo e l’interesse nei confronti del progetto, abbiamo in mente di espandere il progetto per un’analisi internazionale dell’epidemia“.