Non dichiarano oltre 650mila euro che avevano nei conti correnti svizzeri: scoperti dalla finanza

I controlli.

Nell’ambito della quotidiana attività di contrasto all’evasione fiscale, le Fiamme gialle del gruppo di Cagliari hanno concluso due controlli nei confronti di altrettanti cittadini residenti nel capoluogo, titolari di attività finanziarie all’estero.

La disposizione di legge in materia prevede che alcune tipologie di contribuenti (persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali), residenti in Italia, che detengono all’estero investimenti patrimoniali o attività finanziarie suscettibili di produrre reddito nel nostro Paese, devono compilare uno specifico quadro della dichiarazione dei redditi, il cosiddetto Quadro RW.

E’ un particolare quadro della dichiarazione dei redditi, dedicato al monitoraggio annuale delle ricchezze detenute all’estero da parte di soggetti residenti in Italia, necessario per determinare le due relative imposte patrimoniali, la IVIE (imposta sugli immobili detenuti all’estero) e la IVAFE (imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero). Oggetto di tali imposte sono quindi i beni patrimoniali detenuti all’estero (ad esempio, immobili od oggetti preziosi) nonché le attività finanziarie da cui derivino redditi di fonte estera, come, ad esempio depositi e conti correnti costituiti fuori i confini italiani.

Nel caso di specie i finanzieri hanno rilevato, in due distinte circostanze, analizzando le movimentazioni finanziarie da e verso l’Italia, che, nelle dichiarazioni dei redditi presentate in diverse annualità, 2 soggetti residenti nel capoluogo non avevano dichiarato importi detenuti su conti correnti accesi in Svizzera per complessivi 677.607 euro (nello specifico, in una circostanza 440.000 euro dal 2013 al 2016 e in un’altra 237.607 euro dal 2012 al 2014). Questa omessa dichiarazione di ricchezze detenute all’estero ha comportato l’irrogazione di una sanzione compresa, per ciascun contribuente, tra il 6 ed il 30% degli importi non dichiarati, percentuali rappresentanti il doppio di quelle ordinariamente previste (3 e 15%) in quanto gli investimenti erano detenuti in uno stato a regime fiscale privilegiato.

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