Più di 500 nuove pale eoliche in Gallura, monta la protesta

L’incontro a Tempio contro le pale eoliche in Gallura.

La Gallura dice no alle pale eoliche. Sabato scorso si è svolta, nella sala convegni dell’Istituto Euromediterraneo a Tempio, una nutrita e partecipata assemblea pubblica. L’incontro è stato convocato dal Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica.

Lo scopo era quello di informare la cittadinanza sui progetti di parchi eolici e fotovoltaici ricadenti sul territorio sardo, sulle dinamiche di speculazione che ci ruotano attorno e sugli impatti che la mole di tali impianti potrebbe avere su tutto il territorio.

Come ha ricordato Agostino Peru, portavoce del Coordinamento, “Non si tratta di essere contro alla transizione energetica, ma le anomalie del modo in cui essa viene portata avanti sono evidenti. Dai 6 Gw di potenza deputati alla regione Sardegna nel decreto Draghi/Frattin del 2021 siamo passati a richieste di allacci a Terna per 56 Gw, quasi dieci volte tanto”. Si parla di oltre 3000 pale eoliche tra terra e mare, più di 500 in tutta la Gallura, con impianti dalle dimensioni notevoli tra i 160 e i 240 m di altezza per pala.

“Una massa di impianti tale da mettere in serio pericolo la biodiversità, creare problematiche in caso di incendi, mettere in crisi il settore turistico” – continua Peru – “il valore dei terreni verrà svalutato, in cambio di compensazioni ridicole se non inesistenti”. Durante l’incontro si è chiarito anche quali sono gli strumenti che la Regione Sardegna può utilizzare per contrastare questa speculazione, e di ciò che non è stato fatto dai governi passati. Ma non è troppo tardi per fermare quest’assalto: anche i sindaci possono fare molto, estendendo vincoli e prendendo misure cautelative, ed è questa la strada che le varie amministrazioni dei comuni galluresi intendono percorrere, accogliendo le preoccupazioni del Coordinamento.

Tante le contraddizioni della “transizione ecologica”, chiarite nell’intervento di Antonio Muscas, ingegnere e referente del Coordinamento regionale contro la speculazione energetica: “Ѐ inutile una transizione energetica se non è ecologica e rinnovabile. E la questione è strettamente collegata ai conflitti in corso in Europa e sulle sponde del Mediterraneo, poiché non ha senso voler abbattere CO2 se poi si continuano a costruire bombe che devastano il territorio altrove. Dobbiamo liberarci dalle dipendenze dai fossili, e dalle multinazionali dell’energia, ma per farlo è necessaria una democratizzazione del processo e un’auto produzione energetica”.

Una transizione auspicabile prevede il coinvolgimento di tutti: “Dobbiamo far valere gli accordi di Aarhus sulla partecipazione ai processi decisionali su questo tema – conclude Muscas – Ѐ necessaria una smart grid regionale: la gestione deve essere pubblica, la partecipazione della popolazione sarda deve essere attiva, i sindaci devono essere coesi e uniti e rappresentare assieme l’autonomia decisionale”. L’intervento di Domenico Scano, presidente di Isde – Associazione nazionale dei medici per l’ambiente, ha sottolineato la correlazione tra degrado ambientale e rischi per la salute umana. “L’alterazione del suolo comporta alterazioni psicofisiche.

Siamo sani in un ambiente sano – ha detto Scano –. Il disegno che si prospetta è quello di una Sardegna pensata come una grande pila che andrà ad alimentare in maniera eterodiretta la penisola e le grandi infrastrutture energivore. In quest’ottica, com’è possibile arrivare ad una decarbonizzazione?” Non solo, il problema che emerge in questo contesto è di “giustizia ambientale”, perché, prosegue il Presidente di Isde: “Con un’iperproduzione energetica da fonte rinnovabile andremo incontro a ulteriore deforestazione e consumo di suolo e il ridotto assorbimento

della CO2 conseguente porterà ad un aggravamento della situazione ambientale, sociale e sanitaria; aspetti strettamente legati”. Lidia Decandia, professoressa associata presso l’Università di Sassari (Dipartimento di Architettura), ha spiegato quali sono le conseguenze di questo sfruttamento sul territorio: “Con l’industrializzazione, il territorio è diventato sempre più una superficie vuota, manipolabile e indifferenziata. Ne è nato un dominio dell’uomo su di esso, funzionale al capitalismo economico e finanziario, che ha portato alla crisi ecologica”.

In tale disegno speculativo “Pochi produttori installano gli stessi impianti che vengono calati su ambienti differenti, spinti da poteri finanziari estranei interessati solo alla rendita economica finanziaria, generata da incentivi che noi paghiamo – ha precisato Decandia. – “Ma così facendo si distruggono paesaggi e ambienti, e cancellare mondi e culture è il primo modo di praticare dominio”. Domingo Dettori, archeologo dell’ufficio beni culturali ecclesiastici della Diocesi Tempio Ampurias, ha portato l’esempio pratico di uno strumento fondamentale per la salvaguardia del territorio. Innanzi tutto le leggi: l’art. 9 della Costituzione; la legge per la tutela dei beni culturali, d. lgs 42/2004 costantemente aggiornata; e il PPR del 2006 che i Comuni possono costantemente spingere, migliorando il censimento del patrimonio culturale presente sul geo portale della Regione.

Tale censimento andrebbe a creare delle aree di tutela. Una co- pianificazione tra Comuni, Regione e Beni culturali, renderebbe il territorio intoccabile. “L’area condizionata si potrebbe ampliare fino a coprire tutto il territorio comunale, basta solo avere la volontà di farlo”, ha concluso Dettori. Ciò che è emerso durante il convegno è la necessità di censimento adeguato, ancora carente su molti aspetti. “Come inadeguate sono le rilevazioni naturalistiche e botaniche inerenti alla stesura dei progetti per l’installazione degli impianti” – ha evidenziato Mirko Piras, naturalista, agricoltore e referente del comitato per la biodiversità dell’Anglona – “in quanto vengono fatte in periodi estivi, momento in cui la maggior parte delle piante sono secche, senza contare il conflitto di interessi di chi svolge i rilevamenti, a contratto per le ditte installatrici.” Dal punto di vista della sostenibilità, tanto decantata negli ultimi tempi, l’effetto dei mega impianti è devastante, ma non solo, come spiega Piras: “È tutto il sistema che andrebbe cambiato, non si può pensare ad un abbattimento di Co2 senza cambiare il modello agricolo dominante basato su mangimi che vengono prevalentemente da America e sud est asiatico, su concimazioni chimiche inquinanti ed energivore per la loro produzione”. Il rendimento dell’attività agricola è fortemente correlato alla svalutazione dei terreni.

Prosegue Piras: “La nuova PAC per l’agricoltura prevede sussidi per le grosse aziende, le rendite agricole sono sempre più basse e coltivatori e allevatori sono sempre più spinti a cedere le loro terre per la costruzione di impianti da rinnovabili, portando ad una svalutazione dei terreni circostanti e ad una difficoltà di praticare la sostenibilità per chi ha i terreni confinanti”. Don Francesco Tamponi, responsabile dell’ufficio beni culturali della Diocesi di Tempio Ampurias, ha rimarcato l’importanza dei beni culturali in quanto rappresentano la nostra identità. In Gallura sono presenti 98 chiese di campagna, sottoposte a VIC, vincolo di interesse culturale, che prevede un’area di tutela attorno ad esse per 7km in caso di eolico e 1 km per

fotovoltaico. Don Tamponi si è dichiarato “intenzionato a richiedere la tutela integrale intorno ad essi, poiché caratterizzanti della nostra identità, mentre una pala da 240 metri non caratterizza proprio nulla” e ha aggiunto: “Siamo di fronte ad una violenza, e laddove c’è violenza insiste il male, che va combattuto con tutti i mezzi”. Mauro Gargiulo, presidente di Italia nostra Sardegna, ha sottolineato l’importanza di far crescere un’intelligenza collettiva e corale, che renda consapevoli degli obbiettivi della battaglia. “Battaglia che va vinta, e se lo faremo insieme la vinceremo”, ha detto Gargiulo. Il prossimo appuntamento a cui il Coordinamento Gallura ha invitato a partecipare i centinaia di presenti è il Consiglio Comunale aperto che si terrà a Tempio il 29 Febbraio alle ore 15.30, in cui verrà decisa la commissione tecnica sul tema con l’inserimento di due tecnici del Coordinamento, decisione deliberata nel precedente Consiglio Comunale aperto del 16 Gennaio scorso.

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