Il turismo a Olbia nell’era della sharing economy. O era meglio affittare in nero?

L’esempio di Airbnb e gli effetti sul turismo.

Si continua a speculare sulla sharing economy additandola (gli albergatori) come sacca di concorrenza sleale e abusivismo tout court. Airbnb, il più noto sito di sharing, consente alle persone fisiche di locare i propri immobili per periodi non superiori al mese attraverso un sito in cui domanda e offerta si incontrano.

Il “difetto” del sito consiste nel far conoscere in tutto il mondo ciò che si intende affittare, parificando le aspettative di tutti coloro i quali, in modalità professionale o non, si affacciano nel variegato mondo della domanda di vacanze. Era meglio affittare in nero le case di villeggiatura tutti insieme appassionatamente, albergatori e privati? Non credo!

Oggi tutto è molto più “in chiaro” e questo forse duole a chi si oppone alle locazioni brevi, che i privati possono fare attraverso siti come Airbnb. Il controllo spetta all’Autorità preposta e il deficit eventuale è da imputare alla medesima. Ricordo che la Sardegna ha accolto, nel 2017, 290.000 ospiti, ventiseimila dei quali hanno soggiornato a Olbia arricchendola sotto ogni profilo.

Chi preferisce un affitto breve presso una casa privata non lo fa sotto costrizione: più semplicemente desidera una soluzione diversa dal soggiorno alberghiero potendo scegliere di dormire su una barca, in una villa, su un albero o sotto un cavolo. Alla ovvia condizione che la barca, la villa, l’albero e il cavolo (e i loro proprietari, ovviamente) rispettino i requisiti di legge.

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