Cavalli morti di caldo durante la traversata nel garage della Moby, 4 indagati

Moby

L’indagine della Procura di Tempio.

Erano diretti all’ippodromo di Chilivani per partecipare a delle gare internazionali, ma videro la morte sul traghetto Moby Aki. Questo è il destino di quattro purosangue della scuderia Clodia di Roma, morti il 13 luglio scorso, asfissiati dal calore eccessivo dei garage. Questo secondo la Procura di Tempio, che aveva avviato un’indagine preliminare sulle dinamiche dell’incidente.

L’esito delle indagini vede ora indagate quattro persone, che, secondo la Procura, non avrebbero vigilato sulle condizioni di vivibilità del luogo e non avrebbero nemmeno controllato durante la tratta le condizioni di salute dei puledri. Procedure imposte dalla compagnia per il trasporto degli animali che, secondo i procuratori Giorgio Capasso e Ilaria Corbelli, sarebbero state disattese. La Moby prevede che due addetti all’equipaggio monitorino gli animali, assieme al trasportatore.

I cavalli, infatti, sarebbero morti per ipertermia corporea e questo vedrebbe indagati il comandante della Moby Aki Antonio Scotto Di Ciccarello, residente a Napoli, il primo ufficiale di coperta Antonio Lo Nostro, di Messina e l’autista incaricato al trasporto degli animali di Roma, Maurizio Conti.

Le contestazioni mosse dalla Procura di Tempio contro Lo Nostro sarebbero anche il reato di falsità ideologica. Assieme all’allievo ufficiale Ernesto Prudente, avevano dichiarato al comandante di aver constatato l’arrivo in porto per le 6.10, prima delle operazioni di sbarco dei veicoli che i puledri erano vivi.

La Procura ha ricostruito gli attimi di quella tragedia del 13 luglio dell’anno scorso. Allo sbarco del traghetto proveniente da Civitavecchia, il personale della scuderia fece la triste scoperta, durante una sosta in una piazzola. I quattro giovani purosangue non davano più segni di vita, mentre un altro respirava a fatica. La compagnia di navigazione ha respinto le accuse da parte della scuderia e ha dichiarato che gli animali erano stati imbarcati per ultimi e posizionati sotto l’impianto di refrigerazione della stiva, accanto agli altri cavalli appartenenti ad altre scuderie. Così non sarebbe stato, stando alle accuse.

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