Due archeologhe alla scoperta della Sardegna e del pane nuragico

Il laboratorio di due archeologhe e il pane nuragico

Due archeologhe hanno aperto al pubblico il loro laboratorio dove riproducono il pane nuragico. Giovanna Fundoni è un’archeologa che da anni svolge con la collega Valeria Congiatu, ricerche e sperimentazione sulla lavorazione dei cereali e panificazione nella Sardegna nuragica. “Faccio parte del Laboratorio Ripam, un laboratorio del dipartimento Dumas dell’Università di Sassari che si occupa di Archeologia Sperimentale e Archeologia in genere, e dell’Associazione culturale Sicut Erat“, racconta Giovanna.

“Siamo un bel gruppo di studiosi, e proponiamo differenti laboratori sperimentali – continua Giovanna -. La metallurgia del bronzo per realizzare armi e strumenti in matrice o per restaurare vasi con tecnica nuragica. La ceramica e la lavorazione dell’argilla per la realizzazione dei vasi. La tessitura di lana e fibre naturali con telaio verticale. E la panificazione con la molitura dei cereali e la preparazione e cottura in tegami di ceramica su braci”.

La sperimentazione archeologica

Abbiamo sempre portato avanti le nostre attività di sperimentazione archeologica in laboratorio – continua – e quando ci è stata offerta la possibilità di presentare i nostri risultati scientifici al di fuori, ha preso vita anche l’idea di aprire le porte del nostro laboratorio e iniziare un percorso di divulgazione.
“Siamo riportati alle origini, alla nascita degli umani accorgimenti, alla rivelazione di gesti che si ripetono, si provano, si associano per dar forma e luogo al lavoro e alla vita”. Questo lo scrisse il poeta e narratore Alfonso Gatto, che nel 1955, curò una serie di servizi sulla Sardegna per il settimanale Epoca. Partendo dallo studio dei reperti archeologici relativi alla lavorazione dei cereali e alla preparazione di alimenti di età nuragica, col confronto etnografico e con la sperimentazione pratica, siamo arrivate a ricostruire la preparazione di un tipo di pane dell’epoca: un pane non lievitato cotto sulle braci in tegami di terracotta, una riproduzione, fatta da me, di un tegame nuragico”.


“Il tegame di terracotta che noi usiamo nei laboratori è il coghecotzula – conclude Giovanna Fundoni -, in uso nelle zone di Alà dei Sardi e frazioni di Padru fino a pochissimo tempo fa, per cuocere un pane sulle braci del camino. Possiamo affermare che sia l’erede del tegame nuragico”.

L’apertura al pubblico

Il laboratorio è pensato e strutturato per coinvolgere lo spettatore, che diventa parte attiva del processo di molitura del grano, dell’impasto, della preparazione e della decorazione dei pani, fino all’assaggio.
L’obiettivo delle due archeologhe è sensibilizzare, attraverso la divulgazione, alla conoscenza della storia antica. Il laboratorio di archeologia sperimentale sul pane nuragico, assume un grande valore culturale e antropologico. Chi partecipa al laboratorio rivive uno squarcio della vita di un tempo. I gesti e le procedure utilizzate dalle donne antiche rivivono nella tecnica della molitura dei cereali fatta con la pietra.
Le donne hanno sempre ricoperto un ruolo fondamentale nelle società antiche. Si pensa che fossero loro a realizzare i vasi, utilizzati per le attività quotidiane, come la produzione del pane. Un’attività, quella portata avanti da Giovanna e Valeria, molto importante per la nostra storia e la nostra identità.

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