Coronavirus, piscine chiuse e conti in rosso: i gestori della Sardegna fanno squadra

Una chiusura che potrebbe durare 6 mesi.

Tanti, ragionevoli e molto uniti. Nel pianeta nuoto si dà una sterzata al luogo comune che vuole i sardi inclini al soggettivismo esasperato. Il gruppo “Uniti… FIN da sempre” rappresenta un’oasi felice che si spera possa lasciare il segno nel percorso di ripresa da avviare durante la ricostruzione post disastro pandemico.

Il collettivo annovera 29 entità impegnate nella cura di 36 piscine e spazi acqua in esclusiva dislocate in tutta la Sardegna, gestite direttamente da Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche o in mano alle municipalità che in un secondo passaggio le affidano a chi ne fa espressa richiesta.

La soluzione consociativa arriva subito dopo le esternazioni di Paolo Barelli, presidente nazionale Fin, seguite da quelle del presidente regionale Fin Danilo Russu. Entrambi sollecitano un intervento economico poderoso da parte delle istituzioni, affinché gli impianti provvisti di vasche non rischino un vero e proprio collasso.

Per battere il ferro finché è ancora caldo, alla lettera scritta da Russu alle massime cariche politiche regionali, ne è seguita un’altra indirizzata agli stessi e firmata proprio dal neonato “sodalizio al cloro” che evidenzia i conti in rosso maturati in seguito alla sospensione di qualsiasi attività del movimento.

“Vorremmo che l’attenzione degli enti pubblici locali si focalizzasse sul fatto che, nonostante la chiusura, i nostri impianti siano ancora funzionanti. La scelta di svuotare le vasche è stata soggettiva, suggerita dalla loro grandezza, al fine di ridurre al massimo i costi. Tra questi i più onerosi sono relativi a energia elettrica, acqua, prodotti chimici, manutenzioni ordinarie e straordinarie. Quando i battenti si riapriranno dovremo fare i conti anche con le riattivazioni dei riscaldamenti che rappresentano una voce pesante nel bilancio generale. Senza dimenticare che i nostri impianti, da Giugno a Settembre, subiscono una diminuzione delle frequenze pari all’80%.

In base alle recenti rivelazioni governative, rimane un’utopia sperare di riattivarci per Giugno. Coronavirus permettendo, la ripartenza da settembre causerebbe uno stop complessivo dei nostri impianti di sei mesi. Difficile sostenere un’attività con spese vive distribuite su tutto l’anno solare, quando l’effettivo lavoro si è concentrato in un lasso di tempo dimezzato”.

Si rischia quindi di mettere al palo un’attività che coinvolge cinquantamila praticanti. Gli “Uniti… FIN da sempre” si mostrano combattivi e decisi a far valere le loro ragioni non in maniera sguaiata ma attraverso un dialogo sincero e schietto.

E nella comunicazione scritta si congedano esprimendo quali sarebbero i due passaggi necessari a scongiurare il peggio.

La prima proposta è un contributo a fondo perduto a favore delle spese affrontate in questi mesi di chiusura, come proposto dalla Federazione Italiana Nuoto, per le spese di energia elettrica, idrica, prodotti chimici, canoni privati che non rientrano dei decreti legge e altre spese specificate dai gestori inerenti l’emergenza.

Insieme anche a delle linee di credito, alla pari delle piccole imprese, garantite dalla Regione a tasso 0% della durata pluriennale con una percentuale a fondo perduto gestito dalla Sfirs.

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