La memoria corta degli italiani, il costo della benzina e il peso delle accise

Perchè al calo del prezzo del petrolio non corrisponde quello della benzina.

Il petrolio non diventa benzina subito dopo l’estrazione e, soprattutto, non raggiunge i mercati (la nostra auto) in modo uniforme. Ricerca, captazione, stoccaggio, trasformazione, e in mezzo diverse ma essenziali modalità di trasporto fino ad arrivare sotto casa. Quella domanda crescente che ha caratterizzato i tempi più recenti, generata dalla cre scita esponenziale delle economie di Cina e India e ha fattolievitare i prezzi dei carburanti fossili, oggi non c’è più.

E finchè non ritornerà, il comparto petrolifero vivrà uno scenario di sofferenza al quale farà fronte con il contenimento dei ribassi dei costi dei prodotti finiti. Tradotto, a fronte del calo del prezzo del petrolio non corrisponderà mai un ribasso adeguato dei carburanti alla pompa. Lunga e tortuosa è, come detto, la filiera attraverso la quale gli altri costi rimangono costanti. E al calo dei prezzi (oggi la forcella sta tra 15$ e 20$ al barile) si aggiunge anche l’abbandono di estrazioni diverse, per esempio dalle scisti bituminose, che tornano convenienti solo in regimi di prezzi elevati, sempre per via dei pesanti costi di estrazione e lavorazione. Non solo accise quindi, tra i soggetti colpevoli dell’esiguo ribasso. Ma ci sono, le accise, eccome se ci sono!

Salterei a piè pari la noiosa disquisizione su quelle fortemente datate: (guerra di Etiopia e crisi di Suez): esse pesano sul prezzo finale della benzina per circa 15 lire al litro (€ 0,00745) e lo scrivo per non scadere nel surretizio. Le accise che compongono il paniere sono 17 e, tolte le due insignificanti di cui si è detto, le più recenti (dal 2000 a oggi) sono state introdotte per finanziare con maggiore certezza d’introito diverse necessità che di volta in volta si sono presentate. E se su alcune ci si deve ancora far conto (terremoto in Emilia, alluvione il Liguria e Toscana, terremoto de L’Aquila) altre appaiono assolutamente anacronistiche (Vajont-1963; alluvione di Firenze-1966; terremoto nel Belice-1968; terremoto nel Friuli-1976; terremoto in Irpinia-1980) e altre ancora, in un paese civile sarebbero superate dalla sopravvenuta mancanza di stretta necessità (missione in Bosnia-1996; contratto autoferrotramvieri-2004; acquisto autobus ecologici-2005).

Diversa è la considerazione sulle accise introdotte per motivi tuttora attuali e imprescindibili come l’emergenza immigrati causata dalla crisi libica nel 2011, nello stesso anno il finanziamento alla cultura e da ultimo il pesantissimo contributo dei consumi petroliferi al decreto “Salva Italia”. Le accise sono parte del prezzo di tanti prodotti derivati da materie prime oggetto d’importazione. In Italia come nel resto d’Europa. Anche in Norvegia, paese produttore e miglior PIL pro-capite d’Europa i carburanti costano molto. Probabilmente le cose andrebbero meglio se ci fosse stata l’armonizzazione delle accise a livello europeo ma la politica fiscale comunitaria non ha spazi importanti nel diario dell’Europarlamento.

O più ancora qualcosa avremmo tutti dovuto aspettarci quando il pugnace propugnatore della cancellazione delle accise è assurto ai vertici del governo nazionale. Ma tant’è: lui si sarà dimenticato e con lui quei tanti smemorati cittadini italiani che ci avevano creduto. Oggi non resta che godersi i piccoli ma significativi ribassi, ma senza sperare che le condizioni che li hanno generati durino a lungo. Sono il frutto bacato della recessione e noi dobbiamo puntare alla ripresa.

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