“Non è rigore”, lezione di fair play al calcio italiano da Riccardo, 15enne sardo

riccardo locci fair play

Il calciatore 15enne autore del gesto di fair play diventato virale nel web.

Quello di “fair play” – “gioco leale” – è un concetto molto comune nello sport. Un concetto che viene insegnato nelle accademie sportive, di cui si parla nei media specializzati e che dovrebbe essere il principio cardine a cui si ispirano nella loro attività tutti gli sportivi, professionisti e non. Eppure, nei fatti, i gesti di fair play sono rari, e quando sono compiuti dai campioni segnano la loro definitiva elezione a “leggende“.

In un periodo in cui lo sport vive continue dimostrazioni di violenza, antisportività e disonestà, una efficacissima dimostrazione pratica di fair play è arrivata domenica mattina da un calciatore sardo di 15anni, Riccardo Locci, centrocampista centrale dell’US Settimo 1967, squadra di Settimo San Pietro, durante la partita casalinga contro la Gioventù Assemini Calcio, nella categoria Giovanissimi provinciali.

“Un mio compagno ha ricevuto il pallone a centrocampo, ho visto uno spazio tra i difensori e mi sono inserito – racconta Riccardo -. Mentre il portiere stava uscendo è arrivato il pallone, ma un po’ troppo lungo. Correvo, il portiere era già a un centimetro da me, e nel tentativo di spostare il pallone per calciarlo sono inciampato sul mio stesso piede. Sono caduto, mi sono fatto anche male. In un attimo l’arbitro ha fischiato il rigore ed è stato circondato da tutta la squadra avversaria, che protestava. Mi è venuto spontaneo avvisarlo che non c’era stato un fallo“.

L’arbitro ha cambiato decisione, assegnando la rimessa dal fondo. Allenatore, compagni di squadra, e soprattutto, avversari si sono complimentati col giovane centrocampista per l’onestà, onorando il suo gesto, che è stato omaggiato ulteriormente dall’applauso dei compagni di squadra al rientro negli spogliatoi.

Riccardo ha le idee chiare: “Al giorno d’oggi si pensa solo ai gol. Chi simula non è sportivo, non è onesto. Ogni errore di un arbitro è occasione di urla e insulti. Non dovrebbe essere così, gli arbitri vanno aiutati perché sono soli e hanno un ruolo difficilissimo. Noi cerchiamo di aiutarli in campo, ci ha insegnato così il mister. Ringrazio la società, perché mi sta facendo crescere, calcisticamente e come persona, e i miei genitori, perchè mi hanno insegnato a essere sempre onesto, leale, sportivo, e a prendere lo sport come un divertimento“.

Riccardo studia al liceo “Eleonora d’Arborea” di Cagliari e da grande, come tutti i ragazzi della sua età che giocano a calcio, sogna di diventare un calciatore professionista. Non è ancora un campione, ma ha già dato al calcio una lezione di fair play.

Riccardo Locci
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