Quattro anni dopo l’alluvione di Olbia: cosa è cambiato davvero

alluvio

Programmi e soluzioni adottate.

Da quel 18 novembre del 2013 poco o nulla è cambiato davvero. Ci sono i canali tombati, tali e quali al giorno della devastazione, ci sono i ponti che fanno da tappo al deflusso delle acque nel mare e che aspettano di essere demoliti, ci sono i tombini che straripano, a causa dell’incapacità di contenere tutta la pioggia di un acquazzone improvviso, c’è una viabilità in cui mancano le vie di fuga e i percorsi di emergenza contro il rischio di una catastrofe.

E ci sono i proclami, gli inviti alla prevenzione, come con la campagna della protezione civile “Io non rischio” e le
proteste dei cittadini che aspettano i contributi per recuperare, seppur in minima parte, i danni subiti dagli allagamenti del ciclone Cleopatra.

E così, dopo quattro anni, la fotografia di Olbia oggi non è ancora quella di una città sicura, come dovrebbe essere. Certo, è stata demolita la rampa dello stadio Bruno Nespoli ed è stato ricostruito il ponte di Isticadeddu, alla fine di via Vittorio Veneto. E si è iniziato a progettare gli altri ponti di Rio Seligheddu su via Roma e Canale Zozò, in zona parco Fausto Noce, mettendoli a bando.
Ma il piano d’intervento contro il rischio idrogeologico è poco più che alle battute preliminari. Anzi, i piani. Perchè oltre quello ufficiale, approvato dall’amministrazione Giovannelli, portato avanti dalla Regione e che conta su un lauto finanziamento statale, che ha il nome di Piano Mancini, c’è l’altro che sta facendo elaborare il sindaco Settimo Nizzi, che ha affidato lo studio di fattibilità ad una società di Verona. Non un aspetto secondario questo, perchè molta dalla campagna elettorale a Olbia tra i contendenti sindaci Carlo Careddu e Nizzi era stata incentrata proprio sul Piano Mancini.

Sostenuto dal primo, avverso al secondo. E, come si sa, ha vinto Nizzi. La Regione, però, non si è fermata e anzi ha intenzione di andare avanti con quello che era già approvato, che prevede, tra le altre cose, le contestate vasche di laminazione, ovvero dei grandi serbatoi in grado di contenere l’acqua in sovrabbondanza alla bisogna, con tanto di espropri dei terreni nelle campagne. A fine novembre sono iniziati proprio i sopralluoghi dei tecnici, a cui seguiranno le bonifiche e i carotaggi sui terreni dove dovranno essere realizzate le quattro vasche di laminazione, e cioè in via Nervi, via Barcellona e via Vittorio Veneto.

Una scelta sulla quale il sindaco non manca di attaccare la Regione, bollando il Piano Mancini come “non sicuro” e parlando di “un progetto pieno di errori”. Per questo Nizzi spera di poter accelerare sul nuovo progetto realizzato dalla società veronese, che avrà un altro mese di tempo per presentare una proposta di intervento alternativa. A quel punto il Comune poi potrà procedere con l’approvazione e presentarlo all’Autorità di bacino. Ma servirà ancora molto tempo. E nel mentre? Si continuerà con la pulizia dei canali e ci si affiderà alle campagne di prevenzione.

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