L’orrore di Auschwitz indagato dal professore di Tempio Pulina

Il libro del professore di Tempio Pulina.

Professor e filosofo, Giuseppe Pulina non si smentisce. E il 27 gennaio, Giornata della Memoria, presenta la sua ultima fatica letteraria: Il creatore alla sbarra. Auschwitz e il problema del male.

Un libro profondo, che affronta il tema della Shoah dal punto di vista filosofico e teologico. Ricordando che se a Dio non sono imputabili gli orrori di Auschwitz, ma solo ed unicamente all’uomo, ciò non toglie che dopo Auschwitz possa essere cambiato anche il modo di pensare Dio e di rivolgersi al trascendente.

Professore, come mai ha sentito l’esigenza o la necessità di raccontare nuovamente Auschwitz?

“Liliana Segre, di cui tutti sappiamo, ha recentemente dichiarato in un’intervista che il suo timore è che, scomparsi gli ultimi testimoni diretti della Shoah, la memoria di ciò che è stato possa venire meno per sempre, perché il ricordo di ciò che è stato tenderà a sparire di generazione in generazione. Se così fosse ciò significherebbe che, anche a detta di Liliana Segre, quanto viene oggi fatto è in realtà insufficiente per evitare che ciò accada. Il mio contributo, di insegnante e studioso della filosofia, può essere solo quello di chi scrive libri e amplifica la portata di domande che non hanno ancora risposta e che forse mai potranno averla. Ecco, questo è il motivo per il quale, a distanza di quattro anni, ho ripreso a scrivere di Auschwitz”.

Il problema del male è quanto mai attuale. Cosa insegna la Shoah da questo punto di vista?

“Il male è il problema di sempre, e lo è, verrebbe da dire, perché non si è convinti che il bene sia la reale soluzione. Intendo dire che, rispondendo alla domanda sul male, si diventa inevitabilmente socratici, perché vien da dire che se il male esiste è perché ignoriamo il bene. La Shoah insegna che il male è più di una semplice possibilità e che il suo manifestarsi non può farsi dipendere da contesti storici, sociali e culturali per così dire deprivati del bene. La Germania dei primi anni del ‘900 era la nazione culturalmente più evoluta del pianeta. Bauman sostiene non a torto che il tedesco contemporaneo di Hitler non aveva consapevolezza di ciò che sarebbe potuto accadere con la soluzione finale. La domanda è semmai quanto noi possiamo dirci oggi consapevoli di ciò che è stato e che potrà essere. La coscienza che abbiamo del nostro tempo è davvero più chiara e solida di quella del tedesco degli anni ’30?”

Per anni lei si è occupato di co-gestire gli eventi del Liceo Dettori di Tempio legati alla Giornata della Memoria. Cosa ricorda dei ragazzi e del loro rapporto con la Shoah?

“Le Giornate della Memoria non bastano, non sono mai state sufficienti e non lo saranno mai. Aiutano a partecipare emotivamente al racconto dei tragici eventi del passato. Un effetto, questo, che si può sempre ottenere con un bel film. Ma è una soluzione disperata, poco più di un espediente della memoria. Servono altre soluzioni che ci aiutino a incorporare il senso e la drammaticità del passato. Penso ai viaggi nei luoghi della memoria e al modo in cui bisognerebbe sostenere i più giovani a scoprire autonomamente l’importanza del passato. Bisognerebbe diffondere gli anticorpi di una corretta conoscenza della storia e imparare a distinguere il vero dal falso. È il compito di sempre, reso oggi più urgente da quanto ci accade attorno”.

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