Nella comunità cinese di Olbia nei giorni della paura del coronavirus

La comunità cinese di Olbia racconta il coronavirus.

Volevamo capire se Olbia fosse diversa. Se il panico e l’intolleranza generati dal coronavirus diffusosi in Cina sono arrivati fino a qui. Per questo siamo a andati a parlare con alcuni membri della comunità cinese cittadina.

Incontro uno di loro, un uomo, nella sua attività: un ristorante. È molto indaffarato, ma sentito l’argomento mi parla, lo fa volentieri e a lungo. La prima cosa che mi dice è che vorrebbe che il governo italiano spiegasse un po’ meglio come funziona il contagio del virus il quale si contrae solo con il contatto diretto con una persona già malata e non dal cibo o da eventuali oggetti importati.

“Tanti pensano che si possa tramettere attraverso il cibo che viene servito nei nostri ristoranti”, afferma. Mi racconta che alcuni membri della comunità cinese di Olbia si trovano attualmente in Cina per i festeggiamenti del Capodanno. Sarebbero dovuti rientrare in questi giorni, ma, ben prima del blocco dei voli, avevano già deciso autonomamente di trattenersi tutti nel loro Paese di origine fino al cessato allarme. Una provvedimento adottato a anche se la località in cui si trovano è a circa un migliaio di chilometri da Whuan, città epicentro della diffusione del virus.

“La decisione è stata presa in parte per autotutela, visto che, pur trovandosi in un paesino di campagna per ripartire avrebbero dovuto transitare per un aeroporto internazionale molto frequentato – mi spiega il ristoratore –. In gran parte, invece, è stata presa per senso di responsabilità nei confronti della comunità di arrivo“.

Il Consorzio cinese – una sorta di circolo che riunisci i membri della comunità cinese di una Regione o di una città, spiega, “ha deciso che chi rientra dalla Cina in questo periodo di allerta si sottoporrà a una sorta di quarantena volontaria. Un isolamento in casa al termine del quale eseguirà dei test medici ulteriori rispetto a quelli eseguiti già prima di partire”.

Il mio nuovo amico mi racconta tutto questo, con l’aria malinconica e a tratti un po’ preoccupata, anche se non smette mai di sorridere. Del resto alcuni dei suoi affetti più cari sono lontani migliaia di chilometri e, nonostante siano anche lontani dal fulcro del contagio, è evidente che non riesca a non essere in pena per loro. Come qualsiasi altro padre, figlio o amico.

“Quelli che in questo periodo soffrono o soffriranno di più saranno i bambini. Qui a Olbia, fortunatamente non sta succedendo nulla di tutto ciò, ma altrove ci sono stati episodi di intolleranza anche nelle scuole – conclude –. Che colpa ne hanno loro che, oltretutto, nella maggior parte dei casi in Cina non sono neppure mai stati?”

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