Lotta a siccità e desertificazione, l’Università di Sassari cerca la soluzione in Cina

La Sardegna si conferma la regione con il consumo di suolo per abitante più alto d’Italia.

L’Università di Sassari ha partecipato, come membro della delegazione ufficiale Italiana, alla tredicesima Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sulla Lotta alla Desertificazione, che si è svolta a Ordos (Mongolia interna, Cina) dal 6 al 16 settembre. L’obiettivo delle 196 delegazioni presenti era duplice: lotta alla siccità e neutralità del degrado del suolo (Land degradation neutrality). Negli ultimi decenni, milioni di ettari di terreno in tutto il pianeta si sono desertificati a causa delle attività umane, perdendo la produttività agricola e forestale. La strategia “Land degradation neutrality” dovrebbe garantire entro il 2030 l’azzeramento del degrado del suolo, con interventi nazionali e locali. Le azioni positive più efficaci vanno dal recupero dei suoli degradati al miglioramento della fertilità dei terreni, allo stop al consumo di suolo per urbanizzazioni e attività industriali.

In Italia il degrado del suolo è associato all’erosione idrica e al dissesto idrogeologico dei versanti collinari e montani in abbandono, gestiti in modo non sostenibile o percorsi da incendio, o al consumo di suolo per l’edilizia e la viabilità. E da questo punto di vista la situazione in Sardegna merita particolare attenzione: un recente rapporto Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha rivelato che è la regione con il consumo di suolo per abitante più alto d’Italia, per effetto della bassa densità di popolazione e della conversione di terreni agricoli e forestali in aree urbane, strade e zone industriali.

“I dati del nostro territorio sono impressionanti: l’annata 2016-17 è stata la più siccitosa da quando sono iniziate le registrazioni idrometeoriche nella stazione meteo del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari a Ottava – ha detto Pier Paolo Roggero -. Nel periodo giugno 2016-maggio 2017 sono caduti appena 289 millimetri di pioggia, circa la metà della media cinquantennale. A Sassari in alcune zone l’acqua non è potabile e in alcuni quartieri è razionata. Eppure, la Sardegna possieda infrastrutture che garantirebbero, potenzialmente, una grande riserva di acqua per usi agricoli, civili e industriali. Questioni così complesse possono essere affrontate integrando investimenti infrastrutturali con nuove tecnologie ma soprattutto sviluppando moderni metodi di governance integrata anche attraverso partnership pubblico-privato”. L’Università di Sassari partecipa a questo dibattito con progetti internazionali in Sardegna e nei paesi in via di sviluppo che costituiscono la base per la didattica universitaria, la ricerca e la cooperazione internazionale.

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