Tempi d’attesa infiniti per i pazienti che fanno la chemioterapia all’ospedale di Olbia

Febbre del Nilo

I tempi d’attesa per la chemioterapia all’ospedale di Olbia.

Fare la chemioterapia all’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia sta diventando troppo complicato e difficoltoso per i pazienti oncologici della Gallura. Questo il pensiero del capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Roberto Li Gioi.

“L’aspetto più grave è la carenza di posti letto che non consente a tutti i malati di riposare mentre si sottopongono alle cure: in reparto infatti vi sono soltanto 8 posti letto a fronte dei 20/25 pazienti che vi accedono quotidianamente. Ciò fa sì che più della metà dei pazienti siano costretti a fare la chemio in condizioni di disagio e che non consentono la massima serenità durante un momento così delicato. I disagi iniziano sin dall’ingresso in ospedale, poiché la fila per poter accedere al reparto di Oncoematologia è lunghissima, al punto che i malati arrivano ad aspettare anche ore in piedi”, afferma il consigliere.

Le criticità della sanità gallurese, secondo Li Gioi, ormai non si contano e riguardano anche le tempistiche per il ritiro dei referti di laboratorio: “Il referto degli esami istologici, però, non può assolutamente essere consegnato in ritardo, come sta invece avvenendo, perché ogni giorno di attesa contribuisce ad esporre il paziente al rischio di un peggioramento del proprio quadro clinico. Mi risulta che a Olbia i risultati degli esami istologici stiano tardando anche tre settimane, e dal momento che senza non si può iniziare né la radioterapia né la chemioterapia le tempistiche devono necessariamente essere ridotte. Perché mentre la sanità ritarda, la malattia va avanti”.

“Non possiamo dimenticare che i pazienti oncologici sono estremamente fragili e che consentire loro di riposare su un letto mentre si sottopongono alle terapie deve essere un diritto garantito a tutti. Moltissimi pazienti, inoltre, si stanno recando a Nuoro per fare la radioterapia perché a Olbia non trovano posto, o in alternativa devono aspettare dai 4 ai 5 mesi. Non è ammissibile che lo smantellamento dei servizi sanitari stia colpendo le fasce di popolazione più fragili per le quali il diritto alla salute dovrebbe essere garantito“, conclude. 

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