Un referendum per l’insularità, la campagna arriva in Gallura

La proposta dei Riformatori sardi per la regione.

In Sardegna se ne parla poco, ma il 22 ottobre accadrà un fatto che toccherà molto da vicino anche la Sardegna: i cittadini di Lombardia e Veneto, si esprimeranno su due referendum consultivi che chiedono loro se sono d’accordo che una parte maggiore delle tasse e dei contributi previdenziali di quella attuale resti nei loro territori.
È molto facile prevedere che sarà un plebiscito per il Si: non solo si tratta di una rivendicazione che in quelle regioni si è radicata negli anni, ma è anche appoggiata da tutti i maggiori partiti, inclusi Pd e M5S.

 
“Le ricadute per una regione come la Sardegna saranno devastanti – dice il consigliere regionale dei Riformatori Sardi Michele Cossa -. La Sardegna produce circa sedici miliardi di entrate fiscali e previdenziali, mentre lo Stato ne spende per i sardi ben ventuno, con una differenza di cinque miliardi di euro. In altre parole, la Sardegna campa per un buon quarto delle sue risorse grazie alla solidarietà delle Regioni più ricche. E per quanto il referendum lombardo-veneto sia solo consultivo, è evidente che avrà una portata tale da imporre al governo nazionale la revisione di uno dei principi cardine su cui si regge la coesione nazionale, quello in base al quale chi ha di più deve aiutare chi ha di meno”.

 
Come evitare un futuro poco sereno per la Sardegna? “Non certo presentandoci allo Stato col solito piagnisteo o con i ben noti atteggiamenti di tardivo quanto inefficace rivendicazionismo, fatto per lo più di parole – prosegue Cossa -.
L’idea dei Riformatori è sempre stata che la priorità è far crescere il nostro PIL, perché solo questo ci permetterà davvero di autodeterminarci. È evidente tuttavia che la Sardegna per il fatto di essere un’isola sconta un gap geografico pesantissimo, che ha un costo economico quantificabile in modo preciso e oggettivo. Al quale bisogna aggiungere anche il doppio danno derivante dai modesti investimenti infrastrutturali realizzati dallo Stato (basti pensare al disastro Anas o Trenitalia) e dal fatto di essere esclusi ipso facto dalle grandi reti sovraregionali e sovranazionali energetiche e di trasporto”.

Da qui la proposta di svolgere, lo stesso giorno dei referendum lombardo-veneto, anche un referendum sardo. Oggetto: inserire nella Costituzione l’obbligo per lo Stato di tenere conto del criterio dell’insularità, così come peraltro è scritto anche nella Convenzione europea.

“I lombardi e i veneti rivendicano le loro risorse? Bene. Anche noi sardi dobbiamo rivendicare i nostri diritti e la nostra dignità – conclude il consigliere regionale dei Riformatori-. Nè più nè meno. Per questo motivo abbiamo preso questa iniziativa, che consideriamo di importanza vitale per le prospettive della nostra isola. Si tratta di una battaglia che vogliamo combattere assieme ai sardi e a tutti coloro i quali hanno a cuore il nostro futuro”.

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