Quella processione di anime che spaventa da secoli la Gallura: la credenza popolare della Reula

Una delle credenze popolari della Gallura tra le più curiose.

Una delle credenze popolari della Gallura che più suscita curiosità è senza dubbio la “Reula” ovvero una processione di anime penitenti che, al calar delle tenebre, poteva essere scorta lungo sentieri campestri o all’interno degli stessi paesi. Nonostante questa sia una delle credenze più note, è anche vero che non molti conoscono a fondo tutte le sue sfumature e i comportamenti che una persona doveva adottare nel caso in cui avesse incontrato la “frina mala”, l’altro termine per indicare la processione di anime. Vediamo allora nel dettaglio le curiosità e le credenze che ruotavano intorno alla Reula.

Innanzi tutto le anime che componevano la processione vestivano camici bianchi, probabilmente i sudari con i quali i defunti venivano tumulati. Questi portavano con sé un cero acceso; era dunque facile per chiunque riconoscere la Reula anche se, talvolta, le anime potevano assumere sembianze animali. L’ultima anima a comporre la processione era “lu zoppu”, solitamente il più pericoloso e così chiamato perché claudicante. Egli, perciò,  non riusciva a stare al passo della compagnia e rischiava di non tornare in tempo, sul far dell’alba, prima dei tre canti del gallo, il termine ultimo per cui la Reula doveva scomparire dalla circolazione. “Lu zoppu” ogni volta rischiava, a causa della sua lentezza, di non poter mai espiare le proprie pene.

Era possibile incontrare le anime penitenti solo ed esclusivamente tra la mezzanotte e i primi albeggi. Nonostante l’incontro con la Reula fosse considerato nelle maggior parte dei casi un evento funesto per il malcapitato, vi erano però delle situazioni eccezionali che, invece, potevano in qualche modo aiutarlo. Se tra le anime vi era un parente stretto, costui poteva avvisarlo circa un’incombente tragedia che si poteva tuttavia evitare facendo l’elemosina ai poveri oppure donando un’offerta alla Chiesa. In tutti gli altri casi l’incontro con la Reula era un evento traumatico che poteva portare fino alla morte. Se questa s’incontrava in un sentiero in salita e in essa era presente l’anima di una persona vivente, ciò significava che entro un anno quest’ultima sarebbe morta; se invece la stessa anima la si incontrava a discendere un sentiero, il malcapitato andava incontro solo a un male passeggero.

Più in generale quando si incontrava la Reula, per limitare i danni bisognava seguire con precisione alcuni passi, come recarsi sul ciglio della strada in posizione sopravvento così da non sentire il fetore dei morti e recitare, dopo essersi inginocchiati e aver fatto il segno della croce, “li dodici parauli”  (le dodici parole), stando attenti a non invertire l’ordine delle stesse.

Quando durante la notte si sentivano fuori di casa urla e schiamazzi, sicuramente questi erano provocati dalle anime della Reula. Per allontanarle si doveva prendere un tizzone ardente, affacciarsi sull’uscio e disegnare nel vuoto una croce, dopodiché il tizzone doveva essere buttato nell’aia; in questo modo la Reula sarebbe andata via.

Vista la serietà e la tragicità degli incontri, la Reula poteva spaventare il malcapitato al punto da fargli perdere la parola. Per questo, il rimedio che doveva seguire a tale circostanza consisteva nel tagliargli, a mo’ di croce, quattro ciocche di capelli che sarebbero state, in seguito, adagiate sul focolare subito dopo averlo pulito dalle braci ardenti; i residui dei capelli una volta inceneriti, venivano  messi in un bicchiere con dell’acqua e solo dopo aver bevuto la “pozione”, il malcapitato ritrovava la parola e la tranquillità.

Va fortemente sottolineata l’originalità, la ricercatezza figurativa e concettuale che ruota intorno a questa credenza popolare.  Come non rimanere affascinati davanti all’originalità delle anime senza nuca, provviste della sola parte anteriore della testa che alludevano a un gruppo di suicidi? Come rimanere indifferenti davanti al fatto che se una persona non riusciva a vedere la Reula poteva farlo solo appoggiando il suo piede destro su quello sinistro della persona che le si trovava accanto? Se ciò accadeva era cosa fatta!  Tutto questo ci fa capire quanto fine e ardita fosse l’immaginazione dei nostri antenati che, prendendo spunto dalla quotidianità, erano capaci di creare per sé e per gli altri un mondo “metafisico” che vivevano con profondo e religioso rispetto e con una certa comprensibile inquietudine.

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