Per passare dall’emergenza alla ripresa alla Gallura servirà anche la speranza

Costa Smeralda

La ripresa della Gallura nella fase 2.

Dopo la Quaresima giunge la Pasqua, di Resurrezione per noi cristiani, di ripartenza economica, dopo la forzatissima quarantena, verso la ormai famosa e ambita “fase 2”, quella della ripresa delle attività.

Occorrerà molta speranza, perché è questo che chiedono gli imprenditori, i manager, i lavoratori al Governo, alle Regioni. E noi rappresentanti delle parti datoriali e sindacali dobbiamo dar voce a questa diffusa esigenza di speranza. Giorni fa, in una delle tante piattaforme (ormai fra skype, zoom, hangouts, skymeeting & c. siamo sempre in chat e webinar), si è svolto un incontro fra i colleghi e gli amici componenti il TAG, il Tavolo delle Associazioni Galluresi, e un cospicuo numero di onorevoli regionali, compreso qualche assessore della Giunta Solinas.

Oggetto dell’incontro: la ripresa, la cd. Fase 2, molte le tematiche sul tavolo, da quelle legate alla tutela e sicurezza dei lavoratori alle incognite del settore turistico e della ristorazione, dalla esigenza di ripartire con risorse importanti per le infrastrutture – strade e opere pubbliche – in primis la Olbia Sassari, l’Olbia Arzachena Santa Teresa, la continuità territoriale, il piano contro il dissesto idrogeologico, opere in grado di muovere ingenti investimenti e con essi la possibilità di riattivare l’occupazione.

Ma non basta. Ci eravamo lasciati, per così dire, a febbraio con molti fronti aperti, con centinaia di posti di lavoro a rischio o, forse, già persi: la crisi della GDO con la vertenza AUCHAN e CONAD, la messa in liquidazione di Air Italy, e non ultime altre situazioni di crisi aziendali che, sommate fra loro, davano e danno – un risultato spaventoso in termini di perdita occupazionale. Uno scenario da far tremare i polsi ai più ottimisti. Poi è arrivata l’emergenza sanitaria mondiale.

Oggi, dopo 45 giorni, e presto saranno 50, di forzata inattività ci ritroviamo in un contesto economico che, non è mai stato così grave dal secondo dopoguerra in poi. Non senza ingenua baldanza ci ritroviamo a cercare di supportare i titolari e i lavoratori di aziende, PMI e cooperative, con una delle merci più rare di questi tempi: la speranza.

In una lettura estiva ho ripreso un “mio” classico, la nuova versione di Il potere dei senza potere, opera di Vaclav Havel, già poeta e drammaturgo, poi dissidente e, infine, Presidente della Repubblica Ceca. Nei suoi scritti esprime un concetto forte di questa nobile attitudine umana “La speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno….”.

Ecco, questo è il tempo, per noi tutti, di partire da qui per andare oltre, cercando caparbiamente di porre le condizioni affinché al successo ci si arrivi, è in gioco la sopravvivenza, non solo economica. Già oggi, in vista delle varie tappe indicate dal Governo: 27 aprile, 4, 11 e 18 maggio, ci stiamo muovendo per la ripartenza, in Gallura, in Sardegna, nel Paese. Alcuni passaggi obiettivo sono chiari, altri li scopriremo lungo il percorso e, come nel famoso detto locale “lu barriu s’acconcia in caminu”, faremo di necessità virtù.

Fuor di metafora nel mentre come corpi intermedi, associazioni datoriali e sindacali, continuiamo a sollecitare Governo e Regione per una più celere attivazione delle tante – almeno sulla carta – misure in termini di ammortizzatori sociali e di integrazioni salariali e al reddito, per i lavoratori e le famiglie, affianchiamo le imprese, piccole e medie, nella delicata fase preparatoria ad introdurci nella “nuova” normalità.

Non sarà facile, le aziende già provate dall’emergenza sanitaria si trovano ora a far fronte alle nuove norme di tutela della salute, dalle procedure minime: dotarsi di termoscanner, mascherine e guanti per l’accesso agli uffici e agli opifici, formazione ad hoc, turni per mantenere le distanze obbligatorie, a sistemi più complessi ed onerosi, con nuovi costi e, quasi certamente, almeno all’inizio, volumi ridotti di produttività. Sarà un mondo e un modo nuovo di lavorare, consapevoli che l’esperimento forzato di smart working costringerà a nuovi paradigmi, inevitabili selezioni naturali.

Papa Francesco aveva messo tutti sull’avviso quando definì il nostro tempo “non un’epoca di cambiamento ma un cambiamento d’epoca”, e la storia ci insegna che anche grandi esseri come i dinosauri pur nella loro possanza soccombettero al mutare del clima, così accadrà a chi non vorrà adeguarsi all’inevitabile cambiamento imposto dalle conseguenze delle emergenze sanitarie e ai loro effetti collaterali.

C’è ancora chi non accetta l’idea del passaggio più spinto alla “dimensione digitale”, chi in tempi di 5G rigetta l’idea delle piattaforme di comunicazione online, del webinar, del cloud. Chi rimpiange il fax in qualche modo verrà escluso. Unica possibilità di riconversione positiva – peraltro auspicabile con la messa in discussione del mito della globalizzazione – il ritorno alla terra, alle attività manuali e artigianali, d’altronde ci siamo riscoperti un po’ tutti panettieri, falegnami, cuochi, neocontadini purchè capaci di gestire l’e-commerce dei nostri prodotti.

Il nostro territorio, la Gallura in particolare, si troverà a dover tutelare il proprio brand, da quello della Costa Smeralda (patrimonio di immagine che ci ha portato fortuna negli ultimi 60 anni), a quello di Porta della Sardegna, con Olbia, la Città dell’accoglienza, di nuovo caricata della responsabilità di farsi motrice e traino per sé e per l’Isola tutta.

È utile, per farsi coraggio di fronte ad un compito così immane, recuperare la restante parte della poesia di Havel “...O abbiamo la speranza in noi, o non l’abbiamo; è una dimensione dell’anima, e non dipende da una particolare osservazione del mondo o da una stima della situazione. La speranza non è una predizione, ma un orientamento dello spirito e del cuore; trascende il mondo che viene immediatamente sperimentato, ed è ancorata da qualche parte al di là dei suoi orizzonti”.

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