Università del mare e rio Cimabue, uno strano doppio dèjà vu per Olbia

L’inaugurazione dell’Università del Mare e i danni di rio Cimabue.

Déjà vu. Due in un giorno solo. Diversi tra loro ma che rischiano entrambi di passare inavvertiti stante l’epidemia di dimenticavirus che rende la memoria umana in tutto simile a quella del pesce rosso. Apro La Nuova del 17 e trovo un paginone dedicato alle grandi opere in città. Al via i lavori nell’ex SEP: nasce l’Università del Mare. Poi vado al lavoro e mi trovo costretto a guadare il rio Cimabue che periodicamente sgorga dall’asfalto della medesima via, angolo corso Vittorio Veneto. Partiamo dal secondo.

L’ennesima conduttura d’acqua che disperde talmente tanto liquido nel sottosuolo da farne emergere alcuni metricubi in strada per la gioia dei pedoni schizzati dalle auto in corsa. Un sospetto mi assale: ma non sarà che ogni riparazione (numerose in questi anni in quel punto) vadano a scadenza come le sottilette? O che usino proprio quelle per “vulcanizzare” la foratura? O più ancora, che convenga riparare in modalità non duratura per garantire lavoro eterno? Ai bilanci degli enti preposti l’ardua sentenza. Passiamo al SEP, Servizio Escavazione Porti, località Punta Istaula.

Troppo comodo riprendere un aricolo dall’archivio, cambiare qualche nome e qualche data e riproporlo tout court ai lettori. Erano i tempi della provincia di Olbia-Tempio, forse la primavera del 2012 (il primo luglio del 2013 è arrivato il Commissario Regionale) o forse addirittura del 2011. In pompa magna, ricchi premi e cotillon, il SEP diventava Università del Mare. La Provincia, il Comune, la Direzione Marittima, la Port Authority, la Camera di Commercio, la CNA. Tutti insieme appassionatamente a inaugurare i locali appena restaurati, visitare i macchinari un tempo utilizzati dai tecnici del SEP tirati a lucido, in fretta in fretta prima che tutto cadesse nel dimenticatoio. Peccato!

Peccato che oggi si debba leggere quanto già letto prima ancora della catastrofica alluvione del 2013. Peccato che otto o nove anni passino inesorabilmente lasciando solo degrado, oggi recuperato grazie al finanziamento di 700.000 euro ottenuto dall’Area Marina Protetta. Peccato che sembri impossibile che dal 2011/2012 al 2019/2020 siano stati generati danni e azioni conseguenti per un valore così alto. Ora non resta che sperare che ci sia due senza tre e che le antiche ambizioni della Confederazione Nazionale Artigiani trovino nuovo respiro in questa città decadente sotto troppi profili.

P.S.
Sono testimone diretto di quanto accadde nel 2011 o 2012.

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