Lo sportivo Petrone si racconta: il calcio, la Sardegna e l’autonomia dei disabili

Il racconto del suo progetto.

Il calcio può aspettare. Mario Petrone, per il momento, rifiuta gli ingaggi estivi per avere la mente completamente libera. In queste settimane pensa esclusivamente al suo angolo di pace marina dove i bagnanti stanno assaporando sensazioni dimenticate. Arrivano dalla Penisola ma anche da Olbia, Oschiri, Padru, Berchidda.

Li guarda e si emoziona perché vorrebbe vedere sempre queste facce felici. Lo ripete più volte: “Sono solo, dietro di me non c’è nessuna organizzazione, il supporto esterno è essenziale per poter andare avanti in un progetto sociale che mi riempie d’orgoglio”.

Torniamo ai primi anni di questo secolo. Allenavi il Calangianus e pian pianino ti innamoravi della Sardegna…

Sono stato rapito dai suoi profumi, dai suoi colori. Per me il mare della Sardegna è il più bello in assoluto. Osservavo i movimenti nelle spiagge durante le stagioni balneari e da subito mi sono rimaste impresse le difficoltà incontrate dai disabili nel vivere il mare. Ho avuto sempre un occhio di riguardo per loro. Quando allenavo a Calangianus, Bassano del Grappa, Ascoli e San Marino, le porte degli impianti erano spalancate per le associazioni di disabili che desideravano trascorrere delle giornate a stretto contatto con la nostra attività agonistica. Sono cose che senti dentro e dalle quali non puoi prescindere.

Un progetto che parte da lontano e che solo da poco più di un mese hai visto concretizzarsi.

Lo ritenevo importante e allo stesso tempo ambizioso. Lo presentai già nove anni fa, ma fu respinto per motivi burocratici. Nel 2016 ci ho riprovato con l’attuale amministrazione comunale, puntando anche sulle funzionalità che la struttura offre nell’ambito della riabilitazione motoria. La sabbia, il mare, il fondale profondo favoriscono l’avvio di particolari discipline quali ginnastica, le camminate in acqua che portano benefici alle gambe e agli arti superiori. Nel momento in cui si è aperto un piccolo spiraglio per ottenere la concessione, è normale che abbia preferito Olbia, la città dove risiedo.

Il tuo sogno comincia a realizzarsi..

Ambivo ad una spiaggia accessibile a 360 gradi, dotata di tanti comfort da rendere i disabili completamente autonomi nel trascorrere una giornata in completa serenità. E infatti ho studiato tutto nei minimi particolari. Le postazioni con i lettini sono fatte apposta per favorirne il passaggio dalla carrozzina. Siamo dotati di doccette che permettono di sbarazzarsi subito dell’acqua salata per non irritare le piaghe. C’era infine un obiettivo nell’obiettivo: favorire l’inclusione sociale attraverso una associazione sportiva dilettantistica no profit per indurre il disabile, il bambino o l’anziano a fare sport.

E anche l’intero litorale è stato rivalutato

Negli ultimi 25 anni versava in una condizione di abbandono. Ora c’è un bel colpo d’occhio. Abbiamo rispettato la natura e l’ambiente circostante. Le caratteristiche del Lido del Sole, non sono state intaccate minimamente, soprattutto la duna che caratterizza questa spiaggia. Vorremmo che tutta la zona venisse bonificata alla stessa stregua del nostro pezzo di spiaggia.

Come sbilanciarsi in questo anno zero?

Ne stiamo approfittando per valutare se gli studi che hanno preceduto l’apertura sono stati idonei e funzionali a quelle che sono le esigenze del disabile. Fino a questo momento mi reputo molto contento, perché ho assistito a delle scene che ti rimangono impresse. Non ha prezzo scorgere la felicità in coloro che non vedevano il mare da una decina di anni perché non esistevano strutture del genere. Stesso dicasi per i parenti che hanno la possibilità di distrarsi, di vivere una giornata diversa.

C’è un buon afflusso?

Direi di si. C’è chi viene anche cinque volte a settimana. I prezzi d’altronde sono contenuti perché l’ingresso deve essere accessibile a tutti. Abbiamo utilizzato le risorse economiche a disposizione soprattutto per la costruzione della pedana. Purtroppo a discapito delle attrezzature sportive.

Però vi siete dotati di un pedalò speciale.

Si chiama “Il mare è per tutti”. Si aziona con le mani come l’handbike. Garantisce emozioni anche ai non disabili che lo prenotano in continuazione. Inutile rimarcare che gustarsi il mare con un mezzo del genere triplica la gioia dei nostri ospiti.

Dall’esterno hai avuto segnali concreti?

Premetto che la struttura deve essere costantemente aiutata. Altrimenti non riesci a ripagarti degli sforzi che hai fatto. Ma delle persone straordinarie ci hanno già teso la mano attraverso donazioni libere e partnership. Non sono mancati gli ausili di enti assai sensibili nel dare il loro contributo a questo tipo di attività. Belle azioni corali che però non mi illudono: è indispensabile dare continuità.

L’arrivo dei teppisti è stato brutale e inaspettato.

Non ci siamo dati delle spiegazioni a questi atti, soprattutto perché siamo “no profit”. Nonostante tutto non abbiamo mai chiuso la struttura, ma chi è venuto in spiaggia è rimasto molto più male di me perché paradossalmente l’hanno visto come un attacco al mondo della disabilità. Questo episodio mi ha dato la forza di andare avanti, nonostante lo sconforto iniziale che mi ha portato a pensare di abbandonare tutto. Spero che certi avvenimenti non accadano più perché si va a mortificare dal punto di vista morale un progetto molto bello. La paura è che possano rompere le pedane o qualsiasi altro atto di vandalismo, infatti rimarremmo aperti tutto l’anno perché si pratica anche l’elioterapia.

Cosa ne pensi del mondo Paralimpico?

I passi fatti negli ultimi 10 anni sono veramente importanti. Merito anche della tecnologia, con le famose protesi che possono favorire l’avviamento allo sport di tanti disabili. Quello che a me, dal punto di vista motivazionale, mi ha fatto avvicinare a questo mondo, sono stati i gesti atletici di tante persone che pur di raggiungere un determinato obiettivo utilizzano le più impensabili parti del corpo. Penso agli amputati che tengono in bocca la racchetta. Gesti eccelsi che ti fanno ottenere qualsiasi cosa. E questo induce allo spirito di emulazione.

Hai coniato il termine adattabilità.

Secondo me l’abilità è un momento della normalità dove la persona deve imparare a fare certe cose con un altro movimento. Per me questa non è disabilità, ma adattabilità. Nel mio modo di vedere il calcio, la partita non è uno schema fisso da applicare. Ci sono delle situazioni che vanno cambiate in corso d’opera, è un eterno adattarsi alle particolarità che si generano. La forza psicologica che queste persone mi trasmettono non ha prezzo. Ho anche organizzato partite di calcio a 5 con non vedenti e lì ci siamo resi conto, indossando una mascherina, di quanto sia difficoltoso gestirsi per l’intero arco della gara.

Condividi l'articolo
Gallura Oggi il quotidiano di Olbia e della Gallura | Notizie da Olbia, eventi in Gallura