Da Tempio alle grandi città italiane, il viaggio entusiasmante con i filosofi del professor Pulina

La guida filosofica pubblicata dal professor Pulina.

Questo è uno di quei libri che pensi subito che ti annoieranno fin dalla prima pagina e che, invece, sono in grado di coinvolgerti capitolo dopo capitolo in un viaggio entusiasmante, a tratti incredibile, in ogni caso per nulla scontato.

Un viaggio appunto. Quello che ha voluto raccontare il filosofo e professore di Tempio Giuseppe Pulina. Quello che permetterà di riscoprire l’Italia con gli occhi dei filosofi dell’Ottocento. Da Genova a Torino, da Milano fino alla Sardegna.

Si chiama “Guida filosofica dell’Italia” il libro di Pulina. E presentazione dopo presentazione la fatica letteraria del professore si sta rivelando un vero successo. Tanto che sono in programma anche degli incontri nei grandi festival nazionali della letteratura di viaggio.

Da cosa nasce l’idea di una guida filosofica?

“Cinque anni fa decisi di organizzare un viaggio di istruzione a Torino con la mia quinta classico per visitare il Salone del libro. Elaborai, quindi, una piccola dispensa per introdurre gli studenti nella conoscenza della città piemontese, inventando una sorta di itinerario nietzscheano. È nella Torino di fine ‘8oo che Nietzsche trascorre gli ultimi giorni prima di cadere nella follia. Così è nata l’idea di andare oltre quella piccola dispensa e costruire un grand tour in cui mettere dentro, oltre alla Genova di Freud e alla Napoli di Benjamin, anche la Sardegna di Jünger, Levi e Lawrence”.

Se il viaggio è insito nella natura dell’uomo, qual è il punto di forza che offre la filosofia?

“Nella Guida definisco il viaggio come la metafora di un pensiero militante che si mette in cammino, perché pensare è come errare, ed errare non vuol dire solo mettere un piede in fallo, ma andare avanti, muoversi, procedere oltre. Tuttavia, anche la stanzialità può rivendicare un titolo simile. Il pensiero può essere allora inteso come la differenza, che intercorre tra il movimento e una condizione più propriamente statica”.

Qual è il viaggio che l’ha affascinata di più e perché?

Il viaggio che più mi ha colpito è stato il lungo itinerario di Nietzsche. Dire Nietzsche dà la possibilità di non far cadere poi la scelta su una precisa destinazione, perché questo straordinario filosofo che tanto amò l’Italia pensò di aver trovato la sua città ideale prima a Genova, poi a Venezia e, infine, a Torino. Ciò significa che non disdegnò nessuna grande città della Penisola e che l’Italia di Rossini, dei grandi teatri e della cucina dai mille sapori speziati (la stessa che prese alla gola uno come Ezra Pound) è stata davvero il suo Eldorado”.

Quale messaggio può trarre la Sardegna di oggi dai viaggi di Jünger?

“Alla Sardegna è dedicato l’ultimo capitolo della Guida. Jünger trovò nella nostra isola la terra in cui pensò di poter vivere a lungo: verace, solare, carica di umori come un frutto maturo che pende dall’albero. L’isola fu per lui anche il laboratorio ideale per pensare un mondo non ancora del tutto toccato dall’ultima dimensione della tecnica. La Sardegna descritta da Jünger nei suoi diari non è più la nostra, perché è in corso la sua progressiva trasfigurazione in altro. Se un messaggio può giungerci a distanza di qualche decennio dalle pagine che Jünger ha dedicato alla nostra terra, questo può essere un monito ad interrogarci sul percorso che abbiamo intrapreso”.

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