Giornata finale a Tempio per la rassegna Qui c’è aria di cultura

La rassegna Qui c’è aria di cultura a Tempio.

A Tempio Qui c’è aria di cultura chiude nel segno dei grandi classici e dell’inesauribile ricerca dell’identità sarda. Dopo i positivi riscontri della prima giornata della rassegna, con gli apprezzati interventi di Isabella Mastino, Alberto Capitta, Gian Nicola Cabizza e Angela Antona, la studiosa gallurese che ha illustrato in un coinvolgente viaggio multimediale le più affascinanti testimonianze archeologiche del nord Sardegna, il programma della rassegna ha riservato altre interessanti proposte al pubblico dello Spazio Faber.

Proposte editoriali diverse hanno caratterizzato anche la seconda giornata della rassegna organizzata da Aes e finanziata dall’assessorato regionale alla Cultura guidato da Andrea Biancareddu. Sempre con un occhio di riguardo puntato sul tema principale della kermesse – il paesaggio e le relazioni identitarie che gli abitanti dell’isola intrattengono con questo – al pubblico gallurese sono state presentate alcune delle più recenti e accattivanti novità editoriali del momento: dal saggio di Pier Giorgio Pinna su “Virus & Censure” (Mediando) alle ricerche di Ignazio Camarda ed Enrico Spanu sull’affascinante mondo della flora arborea della Sardegna.

Pinna ha ricordato quanto il passato aiuti a comprendere il presente, soprattutto quando si parla di emergenze come le pandemie. Una volta era il colera, poco dopo la spagnola e oggi è, invece, il covid. Malattie diverse che – ha fatto notare Pinna – hanno innescato dinamiche simili, come la complessa e non sempre trasparente gestione della comunicazione. “Oggi – ha dichiarato Pinna – tutto viene ridotto alla pandemia e questa si è trasformata in sin-demia”.

Dalla pandemia agli alberi il passaggio è arduo, ma non impossibile da compiere. “Gli alberi – ha detto Enrico Spanu nella sua appassionata relazione – sono nostri testimoni, ci precedono, vegliano su di noi, sono belli e spesso nascondono uno spirito, come si credeva in passato”. Di alberi hanno parlato, dialogando tra loro, Bruno Merella e Ignazio Camarda. Base e spunto del confronto l’ultimo libro di Camarda dato alle stampe da Carlo Delfino. Professore ordinario di Botanica, un’autorità accademica di altissimo profilo in materia di alberi e specie arboree e floreali, Camarda ha raccontato il fascino di una terra come la Sardegna, microcosmo di tante specie diverse, in buon numero messe sotto osservazione nel libro. Ha chiuso la seconda giornata della kermesse la presentazione di “Terra muda” (Taphros editore) di Decimo Lucio Todde e Bruno Piccinnu. “Una storia della Sardegna in chiave musicale – l’ha definito Todde – un viaggio emozionale nei luoghi dell’anima e della memoria, che si dipana attraverso tre registri: romanzo, saggio e poesia”. Ispirato dalle musiche dei Cordas et Cannas, il libro – precisano i due autori – non parla del gruppo musicale, ma della Sardegna.

Il focus della giornata conclusiva di Qui c’è aria di cultura, in programma domenica 12 dicembre (ore 17, Spazio Faber), offrirà ancora una volta uno spaccato del modo in cui i sardi vivono il loro rapporto con la contemporaneità. Ne parleranno, in particolare, Gisella Rubiu e Bachisio Bandinu. La giornata, che sarà coordinata da Francesco Giorgioni, inizierà però con uno degli ultimi titoli messi in circolazione da Catartica: “Edgar Allan Poe. Il mistero della morte”. È il saggio biografico e investigativo con il quale Fabrizio Raccis ha indagato il mistero che avvolge le circostanze della morte del maestro del romanzo gotico. Dopo aver scartato alcune delle versioni più diffuse e accreditate, l’autore giunge a una conclusione alternativa, provando a sbrogliare la matassa di una biografia che non ha nulla di scontato.

Niente di misterioso avranno, invece, le tante biografie dei sardi longevi di cui si è occupata Gisella Rubiu nel volume “I saggi raccontano” edito da Taphros. La giovane studiosa, originaria di Villagrande Strisaili, indaga il fenomeno dei centenari ogliastrini, andando alla scoperta dei segreti della loro longevità, e quasi spontaneo sarà per lei scoprire come la vita dei centenari sia un deposito da portare alla luce per contemplare i tanti tesori che contiene. Meno trasparente diventa la questione dell’identità dei sardi quando vengono esaminati i meccanismi delle loro autonarrazioni.

È quello che fa Bachisio Bandinu con il suo ultimo libro: “La scena nascosta (come ci vediamo)”, pubblicato da Il Maestrale. Presentando il volume che chiuderà la rassegna, l’antropologo di Bitti farà riaffiorare un tema preso in esame anche in altri suoi lavori: le ragioni della scarsa considerazione che i sardi hanno spesso di sé stessi.

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