Omicidio Fresi, i dubbi della difesa sui mancati soccorsi

Giovanni Fresi

Prosegue il processo sull’omicidio Fresi di Arzachena.

Il caso del parricidio di Giovanni Fresi, orafi di Arzachena, continua attraverso il dibattimento in corso alla Corte d’assise di Sassari, che si concentra su un aspetto: perché Michele Fresi, in evidente stato di alterazione mentale e fisica, non venne preso in carico dal personale del 118, pur essendo stato segnalato in condizioni critiche? La domanda è stata sollevata dall’avvocato Pierfranco Tirotto, difensore del giovane accusato dell’omicidio del padre, avvenuto a dicembre 2023.

Secondo il legale, Michele Fresi, che in quel momento si trovava in preda agli effetti di acido lisergico e in evidente stato di delirio, non fu trattato con la necessaria urgenza. La sequenza di eventi ricostruita dall’avvocato riguarda una chiamata al 118 che segnalava un giovane seminudo, sanguinante e aggressivo nel centro storico di Arzachena. Questo descrive esattamente Michele Fresi, che poco prima aveva ferito la sua compagna e stava per commettere il parricidio.

Nonostante l’ambulanza fosse giunta sul posto e avesse prestato soccorso alla ragazza ferita, la difesa solleva la questione: perché non si intervenne anche su Michele Fresi, la cui condizione richiedeva chiaramente un intervento medico immediato? L’avvocato Tirotto ha chiesto ulteriori testimonianze, mentre il processo riprenderà martedì prossimo.

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