Rischio alluvione a Olbia, lo studio di Legambiente: “Serve una rete di parchi”

Il dossier di Legambiente e le proposte per Olbia.

Canali tombati, alvei che attendono una sistemazione, nuove opere necessarie ancora non realizzate. A quasi 7 anni dalla ricorrenza di quel tragico 18 novembre 2013, quando Olbia venne sommersa dall’acqua e pagò a caro prezzo e con la vita le conseguenze dell’alluvione, Legambiente riporta all’attenzione il problema dell’emergenza idraulica mai risolta.

E lo fa riproponendo il dossier presentato nel corso della campagna di Goletta Verde, nel quale sono riportate alcune le tante opere incongrue che si sarebbero dovute eliminare anni fa e che ciononostante sono ancora al loro posto. Motivo per cui zone come via Barbagia, via Rio Gadduresu, via Umbria, via Galvani, Via Petta, via Nervi, via Amba Alagi, via Lazio e via Belgio sono diventate sinonimo di pericolo.

Ora che il servizio Valutazioni ambientali ha preannunciato la bocciatura del cosiddetto Piano Mancini ed il cospicuo finanziamento messo a disposizione del governo rischia di saltare, Legambiente ricorda che già dal 2018 aveva condiviso l’approccio che prevedeva il ripristino della rete idrografica naturale cittadina.

La prima fase di lavoro, spiegano, consiste nel liberare i canali con la rimozione di tombamenti, restringimenti, occlusioni che mantengono la città in allarme ogni volta che piove più del solito. “È fondamentale prevedere la salvaguardia delle aree che il 18 novembre 2013 sono state allagate e preservare le aree ancora inedificate – fa sapere Legambiente -, queste ultime da destinare ad un sistema diffuso di aree verdi e parchi pubblici, privo di costruzioni ed evacuabile tempestivamente in caso di allerta”.

La proposta è quella di realizzazione un sistema di parchi lineari che “segua la trama del reticolo idrografico esistente configurandosi come sistema di connessione verde in grado di unire i vari comparti liberi dall’edificato che si trovano lungo il corso dei rii, conferendo continuità al percorso fluviale, e dando una funzione urbana ad aree fino ad oggi rimaste marginali”.

Il reticolo idrografico composto dai rii Tilibbas, S’Abba Fritta, San Nicola, Zozzò, Gadduresu, Seligheddu, Tannaule per arrivare al Padrogianos compone, in maniera unica in Sardegna, spiegano dall’associazione, un paesaggio molto particolare in cui si conservano le tracce del sistema di zone umide che caratterizzavano la piana fino alle bonifiche degli anni 1903−1926. “Paesaggio che finora è stato pesantemente maltrattato ed ha bisogno urgente di essere riconosciuto come matrice naturale strutturante e caratterizzante il territorio olbiese”, affermano.

“Si ritiene che l’assorbimento nelle acque meteoriche e fluviali nel terreno debba essere sensibilmente incrementato, sia con interventi nell’alveo, sia con asportazione delle superfici asfaltate o cementate (piazzali industriali, slarghi stradali e urbani, ecc.) che producono scarichi concentrati e repentini e tendono ad enfatizzare le criticità in caso di eventi meteorologici estremi”, scrive Legambiente.

“Dovrebbero inoltre essere eliminati i sottopassi e i seminterrati allagabili nelle zone a rischio e dovrebbe essere portato avanti con celerità il processo di elaborazione di un PUC, che escluda definitivamente edificazioni in zone a rischio di frane o alluvioni, e nelle aree costiere”, conclude l’associazione.

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