L’Isola vuole agganciare il treno della ripartenza, ma si porta dietro i vecchi problemi

emergenza abitativa Olbia

La Sardegna e la ripartenza delle imprese.

Quello della ripartenza è un treno che la Sardegna delle imprese tenta di agganciare. Anche se appena partito, il “convoglio sardo” si porta dietro, inevitabilmente, i mali endemici dell’isola come la penuria di lavoro, la scarsa digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, la lenta transizione green e lo “scollamento” tra le aree densamente abitate e le zone periferiche e montane e la burocrazia che colpisce pesantemente tutta l’Italia. Difficoltà certo, ma anche opportunità legate al recovery, all’export, alla transizione digitale delle attività produttive e alla tutela dell’ambiente.  

E’ questo ciò che emerge dal Focus Sardegna “Prove di ripresa. Terza ondata e prospettive post pandemia per imprese e territori”, analisi periodica di Confartigianato Imprese Sardegna sull’attuale situazione del sistema imprenditoriale isolano.

“La ripresa della Sardegna, è ormai opinione condivisa, sarà condizionata dall’andamento del piano vaccinale – commentano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – accelerare il passo è un primo elemento indispensabile per far fronte alle diverse conseguenze negative derivanti dallo shock pandemico che si è riverberato su famiglie e imprese, aggravando la condizione generale del contesto economico e sociale. Non va tuttavia dimenticato che la ripartenza, italiana e dell’Isola sarà condizionata anche da altri fattori meno legati al contesto contingente e invece già endemici prima dell’avvento della pandemia, che rischiano di condizionarla negativamente”.

Il mercato del lavoro.

Tra i punti negativi più pesanti, vi è il mercato del lavoro che sconta l’effetto-Covid con una perdita nel 2020 di 24 mila posti di lavoro in Sardegna, pari ad una contrazione del 4,3%, calo dell’occupazione più accentuato rilevato tra le regioni italiane.

Tra le categorie più colpite le donne e i giovani, già contraddistinte da situazioni di svantaggio pre pandemia poiché nella gran parte dei casi ricoprono posizioni di lavoro meno tutelate e spesso in settori più esposti alle crisi. L’occupazione femminile in Sardegna perde 15 mila unità pari al -5,9% (calo superiore al -2,5% nazionale, che posiziona 20^ la nostra regione nel rank nazionale) e quella giovanile, 15-34 anni, perde 11 mila unità pari al -9,1% (calo > al -5,1% nazionale, che posiziona 19^ la nostra regione nel rank nazionale).

Il dato dei lavoratori indipendenti, nel 2020 nella nostra regione risulta in crescita del 7,1%, in controtendenza rispetto alla dinamica nazionale in riduzione del 2,9%. A determinare la peggior performance occupazionale è la dinamica degli occupati dipendenti che hanno registrato un calo del -8,5%, equivalente a 38 mila unità in meno, flessione trainata dalla contrazione degli occupati dipendenti a tempo determinato (-29 mila unità, pari al -27,8%).

Nei primi mesi del 2021 il dato riferito alle attivazioni nette ogni 100 dipendenti, che fornisce una misura della variazione dei posti di lavoro alle dipendenze è negativo e pari al -2,2%, posizionando la Sardegna al 14° posto nel ranking nazionale. Rispetto alle assunzioni preventivate nel trimestre di marzo-maggio 2021 per numero di dipendenti la nostra regione si posiziona invece a inizio classifica (6° posto) con un valore pari a 9,5 assunzioni ogni 100 dipendenti, superiore al valore medio nazionale di 7,4 assunzioni ogni 100 dipendenti.

A livello provinciale osserviamo una riduzione maggiore del tasso di occupazione (15-64 anni) nel territorio di Sassari (-5,7 punti) e una crescita più ampia del tasso di inattività sempre nello stesso territorio (+5,5 punti). Lo stesso vale per il segmento giovanile, 15-29 anni, per cui si osserva un calo del tasso di occupazione più ampio a Sassari (-5,3 punti) e un aumento di quello di inattività a Nuoro (+6,1 punti).

Verso un’economia più rispettosa dell’ambiente.

Il percorso di transizione, cambiamento e mutazione punta a obiettivi precisi per recuperare il tempo perduto a causa della pandemia e per rimuovere i molteplici ostacoli già presenti precedentemente allo scoppio della crisi odierna. Tra gli obiettivi di ripresa figura la transizione green, che sottende la volontà di rendere l’economia più rispettosa dell’ambiente.

Per arrivare a ciò è necessario oggi, e sarà necessario in futuro, agire su più fronti: dalla tutela della risorsa idrica (è pari al 48,8% la quota di reti di distribuzioni d’acqua efficienti, valore che posiziona la Sardegna 18^ nel rank nazionale e inferiore al 58% medio nazionale), al rafforzamento del mix energetico, orientandolo in modo più insistente verso le rinnovabili (è pari al 34,2% la quota di energia da fonti rinnovabili sul totale dei consumi interni lordi, valore che posiziona la Sardegna 12esima nel ranking nazionale ed in linea con il valore medio nazionale del 34,3%) fino all’efficientamento degli edifici esistenti da un punto di vista energetico (l’ammontare dell’investimento pro capite incentivato da ecobonus è di 27,2 euro/abitante, valore che posiziona la Sardegna al 16° posto nel ranking nazionale e inferiore ai 57,7 euro/abitante della media nazionale).

Digitalizzazione diffusa.

Per una reale modernizzazione dell’economia, che mette al centro processi di conoscenza, affinché questo percorso di ripresa sia anche a vantaggio delle generazioni future diventa importante puntare la direzione del cambiamento anche verso scuola, istruzione, formazione e competenze. Sul fronte della formazione, sempre più centrale diviene la formazione continua per rispondere ad esigenze in costante mutazione a causa di un mercato e di un modo di fare impresa in evoluzione: in Sardegna la quota di persone di 25-64 anni che hanno partecipato alla formazione continua si attesta al 8,5%, valore in linea a quello nazionale (8,1%) che posiziona la nostra regione nel ranking nazionale al 13° posto.

“Come già ribadito – rimarcano Matzutzi e Serra – per cambiare non bisogna tralasciare la componente del capitale umano. Affinché avvenga la transizione digitale ricoprono un ruolo rilevante le competenze digitali elevate: ad oggi nella nostra regione ne sono in possesso il 23% delle persone tra i 16 e i 74 anni, valore che posiziona il territorio sardo in 11^ posizione nella classifica nazionale”.

Verso una ripresa del commercio estero.

Per una reale riuscita della ripartenza diventa fondamentale mettere in campo azioni di rafforzamento del made in Italy. Questo è necessario per lo più dopo l’anno pandemico che ha messo sotto stress il commercio mondiale. La Sardegna nel 2020 ha registrato un calo a doppia cifra dell’export di prodotti manifatturieri (-42,5%). Tale riduzione si riduce al -11% per l’export di manufatti al netto dei prodotti petroliferi. Al contrario per l’export di micro piccola impresa – alimentari, moda, mobili, legno, metalli e altra manifattura – segna una crescita del +13,1%, trainato dalla buona performance delle vendite oltre confine nazionali dei metalli (+33,5%).

Artigianato e Pmi fattore di coesione nelle aree interne e montane.

L’aggancio alla ripresa avverrà solo se non resterà indietro nessuno. Il sistema di ripresa prevede infatti di mettere in campo azioni di rigenerazione e recupero delle aree interne e delle aree periferiche del Paese. In queste aree si rileva una presenza diffusa di artigianato e MPI che svolgono un ruolo di coesione economica e sociale rilevante per la comunità di quelle aree. In Sardegna nelle aree montane la micro piccola impresa occupa il 97% degli addetti delle imprese del tessuto produttivo dell’area (incidenza 15 punti più elevata di quella complessiva pari all’82,0%); l’artigianato occupa più di 1 addetto su 4 (26,5%) nelle aree interne, valore superiore di 5,9 punti rispetto al 20,6% totale.

Fondamentale trainare nella ripresa anche queste aree che oggi spesso scontano diversi svantaggi competitivi, tra cui: un inferiore livello di produttività – il valore aggiunto per addetto nelle aree montane raggiunge un valore di 24 mila euro per addetto, del 27,7% più basso rispetto ai 34 mila euro per addetto calcolati a livello complessivo; minor quota di famiglie connesse in banda ultra larga a velocità elevate (30,9% aree interne vs 53,8% totale).

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