L’apertura della partita Iva deve necessariamente essere anticipata dalla scelta del regime fiscale che si intende adottare, valutando l’uso del sistema ordinario, semplificato o forfettario. Diversi per tipologia di tassazione, adempimenti fiscali, contabili e previdenziali, i regimi fiscali rispondono al tipo di attività che si intraprende e alle esigenze a esso connesse, così come al settore lavorativo e al volume d’affari.
Partita IVA, chi la deve aprire
In Italia, chi avvia un’attività continuativa ha l’obbligo di aprire la partita IVA. Il dovere coinvolge chi svolge un’attività:
- commerciale o agricola;
- una artistica o professionale in maniera abituale.
Per aprire la partita Iva, composta da un codice alfanumerico di 13 cifre, occorre compilare e inviare la Dichiarazione di inizio attività all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’avvio dell’occupazione. Corre inoltre l’obbligo di notificare le eventuali variazioni successive, e la cessazione dell’attività.
Ad attribuire e comunicare il numero di partita Iva è la stessa Agenzia delle Entrate. Il numero assegnato dovrà necessariamente essere indicato in ogni fattura, o documento commerciale, emesso o ricevuto nello svolgimento dell’attività.
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Partita IVA: quale regime fiscale e contabile scegliere
Prima di aprire la partita IVA è necessario scegliere il regime fiscale e contabile che si intende adottare. La scelta del regime è attinente al tipo di attività esercitata, definisce inoltre la tipologia di tassazione, gli adempimenti fiscali conseguenti, quelli contabili e previdenziali.
I regimi fiscali, attualmente in vigore, considerano tre diverse opzioni: ordinario, semplificato e forfettario (agevolato).
Il regime ordinario
Il regime ordinario deve essere scelto obbligatoriamente da:
- società di capitali;
- società di persone che hanno ottenuto l’anno precedente ricavi superiori a 500mila euro per le prestazioni di servizi, e a 800mila euro per le altre tipologie di attività.
Il sistema ordinario determina una tassazione IRPEF che poggia, in progressione, su quattro scaglioni di reddito compresi fra il 23% e il 43%, e prevede l’obbligo della fatturazione elettronica con cui gestire le fatture.
Il regime ordinario include fra gli adempimenti vincolanti:
- l’esecuzione della dichiarazione IVA da inviare per via telematica all’Agenzia delle Entrate;
- il versamento dell’Iva mensile o trimestrale;
- la compilazione del modello Isa, che ha sostituito gli studi di settore;
- la conservazione dei libri e dei registri contabili.
In tema di spese il regime ordinario consente di scalare le fatture dei collaboratori, i costi del carburante, del materiale d’ufficio, dei software, delle riparazioni e tanto altro ancora. Questa tipologia di regime inoltre permette di accedere a bonus, incentivi e detrazioni. Per calcolare il reddito imponibile non resta che sottrarre i costi deducibili dall’ammontare del fatturato.
Il regime semplificato
Sottocategoria del regime ordinario, la soluzione semplificata coinvolge le persone fisiche e le imprese minori che vantano un fatturato inferiore a 500mila euro, considerando le attività di prestazione dei servizi, o inferiore agli 800mila in caso di altre tipologie di attività.
La soluzione semplificata è quella da scegliersi in via del tutto naturale per:
- persone fisiche, ovvero professionisti, esercenti e ditte individuali;
- società di persone quali S.n.c. e S.a.s;
- oppure enti non commerciali, che svolgono un’attività commerciale ma non prevalente.
Il regime semplificato, rispetto a quello ordinario, vede ridurre la portata degli adempimenti burocratici, e i costi della contabilità. Resta un punto fermo l’obbligo di conservare alcune scritture contabili come i registri Iva, quelli degli incassi e dei pagamenti, dei beni ammortizzabili e un eventuale libro unico del lavoro.
Se il reddito nella contabilità ordinaria viene stabilito in base al regime di competenza, in quella semplificata lo si definisce secondo il principio di cassa. In pratica il regime ordinario prevede costi e ricavi alla data di maturazione, mentre quello semplificato rimanda costi e ricavi alla data del pagamento e dell’incasso.
Il regime forfettario
Il regime forfettario è, di fatto, l’unico regime fiscale agevolato di cui poter disporre in Italia. Entrato in vigore nel 2015, il sistema è stato rivisto dalle ultime leggi di Bilancio che hanno introdotto novità in termini di accesso. In sostanza a poterne usufruire sono coloro che l’anno precedente non hanno superato la soglia degli 85mila euro di ricavi. Le novità riguardano anche requisiti quali premialità e, soprattutto, cause ostative, le stesse che determinano l’esclusione nel caso in cui gli imprenditori o i professionisti:
- utilizzino regimi speciali attinenti all’Iva;
- abbiano percepito più di 30mila euro da reddito da lavoro dipendente;
- pratichino operazioni attinenti alla cessione di terreni edificabili, fabbricati, nuovi mezzi di trasporto.
Dal 1° gennaio 2024 è scattato l’obbligo di fatturazione elettronica anche per i contribuenti che aderiscono al regime forfettario.
I contribuenti del forfettario vantano numerosi vantaggi contabili e fiscali. Le semplificazioni riguardanti il forfettario coinvolgono il calcolo delle imposte dirette e quello dell’Iva.
In caso di regime forfettario al reddito imponibile viene applicata un’imposta fissa del 15%, sostituita in caso di attività in fase di avviamento dall’aliquota del 5%, fruibile per i primi 5 anni.
Chi si avvale del regime forfettario non deve addebitare l’Iva nelle fatture attive, e non può detrarre quella sugli acquisti. L’Iva di conseguenza non viene versata, quindi non corre l’obbligo di presentare la dichiarazione periodica e la comunicazione annuale.
I contribuenti che aderiscono al forfettario non hanno il vincolo della registrazione e tenuta delle scritture contabili, non applicano studi di settore ma, nella dichiarazione dei redditi, forniscono solo alcune semplici informazioni sull’attività svolta. Chi utilizza il forfettario infine non opera ritenute alla fonte e non le subisce.