Abbattimento in massa dei cinghiali a La Maddalena, il Parco spiega i motivi

Le polemiche per l’abbattimento dei cinghiali.

Martedì 14 gennaio si è svolta la prima giornata di operazioni finalizzate all’eradicazione degli ibridi di cinghiali dall’Arcipelago di La Maddalena. Le prime operazioni, organizzate dall’Ente Parco, e concentrate nell’isola madre, hanno consentito di abbattere 26 cinghiali. Mentre venerdì 17 si è svolta la seconda giornata di operazioni, concentrata questa volta nell’isola di Caprera, dove hanno opererato una ventina di selecontrollori.

Queste prime operazioni di eradicazioni hanno suscitato nella comunità isolana non poche polemiche, da parte di animalisti e persone contrarie alla caccia e alla violenza sugli animali. C’è chi la reputa una vera e propria mattanza ingiustificata e chi pensa che si poteva evitare questa soluzione estrema ed intervenire per tempo in un altro modo. A queste polemiche, che continuano ad aumentare con il passare dei giorni, ha provato a rispondere direttamente il consiglio direttivo dell’Ente Parco, con una nota del membro Luca Ronchi.

“La campagna di eradicazione dei maiali ibridi o cinghiali ibridi avviata dal Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena dopo anni di attività carente o nulla, sta creando, come è comprensibile, reazioni contrastanti. C’è chi tira un sospiro di sollievo perché vede finalmente affrontato un problema serio e anche molto complicato. Infatti la presenza incontrollata di questi animali sta creando problemi di sicurezza per le persone, legate al rischio di incidenti e al proliferare di zecche”, dichiara Ronchi.

“Oltre a ciò, ed è sotto gli occhi di tutti, la devastazione del sottobosco e della macchia sta minacciando la biodiversità vegetale e animale. Su quest’ultimo punto il Parco era obbligato per legge a intervenire e ogni ulteriore ritardo avrebbe comportato solo un aggravamento dei danni”, afferma il consigliere dell’Ente.

“C’è anche però chi, in modo sincero, soffre per una questione di empatia nei confronti di animali abituati alla presenza dell’uomo. Si tratta di una sensibilità più che rispettabile e di obiezioni comprensibili, soprattutto perché, per risolvere il problema, si è stati costretti all’utilizzo di mezzi cruenti come l’abbattimento o la cattura in gabbie”, spiega il membro del direttivo del Parco.

Tra le obiezioni più ricorrenti c’è quella di chi avrebbe preferito la sterilizzazione di tutti i cinghiali ibridi dell’Arcipelago, al posto degli abbattimenti. “La sterilizzazione, purtroppo, – riferisce – non risolverebbe i problemi principali per cui si è deciso di intervenire, che sono: la predazione verso altre specie dell’ecosistema e la sicurezza connessa a possibili incidenti e alla proliferazione di zecche”.

Altri si chiedono: perché non sono stati catturati e portati da un’altra parte? Una specie ibrida non può essere traslocata da nessuna altra parte perché può contaminare il patrimonio genetico della specie selvatica e danneggiare quindi gravemente la biodiversità. I cinghiali presenti nell’Arcipelago sono ibridi. Per questo, purtroppo, non possono essere rilasciati liberi in nessun ambiente naturale”, risponde. 

D’altra parte, la cattura finalizzata alla gestione di animali vivi da tenere poi in cattività, avrebbe richiesto una serie di requisiti che solo le aziende zootecniche possiedono. Il Parco avrebbe quindi dovuto “certificarsi” come azienda zootecnica. “Questo avrebbe comportato nuovi costi, ulteriori ritardi nell’affrontare il problema, e soprattutto la presa in carico di un lavoro che non rientra tra le attività di un Parco”, spiega ancora.

C’è poi il problema sollevato circa l’utilizzo estremo dei fucili per l’abbattimento. “Qualcuno ha obiettato che gli abbattimenti col fucile sono inefficaci perché gli animali continuano a riprodursi. Questo, nelle intenzioni del Parco, è un falso problema, visto che l’obiettivo è l’eradicazione completa”, conclude Ronchi.

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