Da Luras il nuovo libro di Usai che fa chiarezza sulla giustizia

Il libro di Giovanni Usai.

Il consigliere comunale di Luras Giovanni Usai è l’autore del nuovo libro Divieto di arresto e di detenzione: un virus edeologico del sistema Italia. Non ama definirsi scrittore per rispetto di quelli che lo sono davvero e meritano quel titolo. Dall’approccio pragmatico, determinato nel non voler usurpare alcun appellativo, pare sia impegnato anche in un altro lavoro che potrebbe vedere la luce nella primavera del 2022.

L’autore, infatti, dichiara di essere un appassionato di cronaca giudiziaria ed un osservatore attento delle dinamiche complementari, compreso l’impatto che queste determinano presso la pubblica opinione. Definisce il lavoro un “approfondimento informale” sui temi legati alla inadeguatezza del sistema sanzionatorio penale, all’incertezza della espiazione – effettiva della pena ed all’insicurezza in molte città italiane nelle quali, specie nelle periferie, milioni di italiani sono divenuti minoranza e succubi di ciò che è correlato a promiscuità ed insediamenti selvaggi.

Sostenitore della necessità di pene meglio calibrate alla natura del reato per il quale vengono inflitte, di un riequilibrio complessivo nel rapporto tra lo stato e chi viola la legge, di quello tra guardie e ladri. Usai punta il dito sul rito abbreviato del 1989 e sull’ordinamento  penitenziario del 1975 che sono le norme principali dalle quali discendono gli sconti di pene e le liberazioni anticipate che, oltre ad un senso di sfiducia crescente, creano  subbuglio tra milioni di cittadini che, senza alcuna casacca politica, si interrogano con sempre maggiore rammarico.

Completano l’analisi un approfondimento sul sistema penitenziario italiano, sulle difficoltà ad operare per le forze di polizia, compresa l’assenza clamorosa di tutele nei loro confronti ed una chicca rappresentata da una intervista esclusiva ad un veterano della direzione carceraria che riferisce, tra questioni di assoluto interesse, che il detenuto Salvatore Riina, già capo di cosa nostra, grande appassionato di ciclismo, non apprezzava il pugilato perché lo riteneva uno spor violento.

L’obiettivo di colui che non desidera essere chiamato scrittore, è quello tentare di spiegare, con buona approssimazione ed anche con alcuni esempi, le ragioni tecnico legali alle quali può essere ricondotta la non solo percepita scarsa efficienza del sistema sul fronte sanzionatorio, a tutti coloro che si interrogano e non riescono a capacitarsi su scarcerazioni rapide e pene “ridicole” anche per reati gravi.

L’auspicio per l’autore è che cessi l’immobilismo “recidivante” di una parte consistente della politica che, nonostante le promesse reiterate nelle campagne elettorali, non si occupa di temi delicatissimi sui quali, milioni di cittadini, attendono un cambio di passo da anni.   

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