Carnevale di Tempio, Re Giorgio si racconta: “Sono il re dei paradossi!”

Re Giorgio si racconta e parla del Carnevale di Tempio

A Tempio Pausania, il Carnevale non è solo una festa: è un rito che coinvolge tutti, dai più piccoli ai più grandi, una satira in maschera, un tribunale popolare che giudica l’anno appena trascorso. Al centro di tutto, c’è lui, Re Giorgio, sovrano per una settimana e capro espiatorio per sempre. Alla fine brucerà, come ogni anno, tra le fiamme del rogo, portandosi via le colpe e le contraddizioni di tutto il popolo. Ma se potesse parlare, cosa direbbe?
Lo abbiamo “raggiunto” prima della sua incoronazione, ormai imminente, tra grasse risate e un sospiro di rassegnazione.

Maestà, cosa significa essere il Re del Carnevale?
“Significa regnare senza governare, divertire senza ridere troppo, rappresentare tutto e il contrario di tutto. Io sono il Re dei paradossi: mi ricoprono di lodi mentre mi condannano, mi vestono di gloria mentre preparano il mio rogo. Ma in fondo, non è così anche fuori da qui?”.

Un po’ vittima, un po’ colpevole. Si sente mai un capro espiatorio?
“Sempre! Sono il simbolo perfetto dell’ipocrisia umana: per una settimana tutto è permesso, poi mi sacrificano e tornano a fare i moralisti. Ma se bruciare un fantoccio bastasse davvero a risolvere i problemi, non ci sarebbero più strade dissestate, disoccupazione o battaglie infinite sulla sanità. Invece, io brucio e i problemi restano”.

Il Carnevale di quest’anno ha come tema i “paradossi”. Qual è quello che la rappresenta meglio?
“Oh, ne avrei tanti! Ma scelgo questo: Tempio è tornata ad avere una sua provincia, ma sembra quasi che nessuno sappia bene cosa significhi davvero. È una conquista o un déjà-vu? Un’opportunità o una sfida? Vedremo se porterà i benefici sperati o se resterà un paradosso come me”.

Si dice che il Carnevale sia lo specchio della società. Crede che Tempio Pausania riesca a ridere dei propri problemi?
“Assolutamente sì, ed è questo il suo vero potere! Qui si ride di tutto, persino delle cose più amare. I carri allegorici sono editoriali satirici su ruote, le maschere raccontano verità che altrimenti sarebbero scomode da dire. Eppure, alla fine, tutti tornano a casa con il sorriso. Spero con qualche spunto in più su cui riflettere”.

Ci sono temi particolarmente sentiti dalla comunità?
“Certamente! Se c’è una cosa che fa discutere più di me, è il vento. Ma non parlo di quello che mi scompiglia i capelli sotto la corona: qui la questione è seria. Il territorio è da sempre terra di vento, ma il suo sfruttamento è una faccenda delicata. C’è chi lo vede come un’opportunità e chi come una minaccia al paesaggio e all’identità del luogo. Il Carnevale, con la sua satira, ha il compito di dare voce a questi dibattiti. Ma alla fine, le decisioni spettano a voi, io intanto brucio”!””.

Dopo il rogo, cosa resta di Re Giorgio?
“La cenere… e la voglia di ricominciare. Il Carnevale è ciclico, proprio come la vita. Io brucio, ma l’anno prossimo tornerò, e tornerò ancora negli anni a venire! Perché, diciamolo, senza un po’ di ironia e di festa, voi come fareste a sopportare la fatica di tutto il resto dell’anno?”.

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