Dal piano Mancini a quello alternativo di Nizzi, la storia di un progetto per salvare Olbia

alluvione Olbia

Dall’alluvione al piano contro il rischio idrogeologico.

A distanza da quasi 9 anni dalla più grande tragedia della storia di Olbia, ovvero l’onda assassina del ciclone Cleopatra, che ha spezzato 6 vite in città, Olbia non è ancora protetta contro il rischio idrogeologico. Ma un piano c’è e i soldi pure, 152 milioni, ed è la variante del Pai, appena approvata nell’ultimo Consiglio comunale a Olbia.

Si tratta del primo Comune ad essere protagonista di uno studio così dettagliato. Lo annuncia così l’autore della variante del Pai, l’ingegnere Venturini dello studio Technital. “Oggi è una giornata storica – ha dichiarato il sindaco di Olbia, Settimo Nizzi, durante il Consiglio comunale del 11 febbraio scorso -, dove si mette l’appunto che per mandato dei nostri concittadini andiamo ad adottare un piano che verifica in maniera puntuale con alta tecnologia e altamente scientifico la variante generale al piano di assetto idrogeologico”.

L’adozione dello studio dettagliato, redatto dalla Technital, ha avviato l’iter per l’approvazione di un piano definitivo per mettere in sicurezza la città da altre eventuali tragiche catastrofi, come quella del 18 novembre del 2013. Per percorrere la storia, che ha portato all’adozione di questo piano, è necessario andare a ritroso nel tempo, ovvero dopo la terribile prima alluvione.

Dal piano Mancini al piano “alternativo”.

La vicenda del piano Mancini, osteggiato dalla maggioranza del Consiglio comunale dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Settimo Nizzi, a partire dal 2016, è sfociata nella presentazione di un progetto alternativo redatto dallo studio d’ingegneria Technital. Una battaglia politica cominciata già anni prima, quando nel frattempo si era verificata anche una seconda alluvione e continue esondazioni dei fiumi.

Ci si è resi conto come in città ci fossero una serie di responsabilità che hanno portato alla tragedia del 18 novembre del 2013. A iniziare da zona Baratta, che negli ultimi 30 anni aveva subito un’urbanizzazione massiccia su aree paludose e adibite al pascolo. In quegli ettari sono anche costruite alcune scuole, come l’Ipia, la scuola dell’infanzia di Maria Rocca. Seguiti da una serie di interventi sui canali, tombati per costruire palazzi, alberghi e strade. Uno di questi il rio Gadduresu.

Dopo il primo evento, che ha determinato a Olbia il più alto numero di vittime, il Governo aveva emanato lo stato di emergenza e il Comune ha cominciato a programmare alcuni interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, con l’abbattimento di alcune opere incongrue. Il 6 novembre del 2014 il Consiglio comunale di Olbia ha dato il via libera alle misure e agli interventi, predisposti dall’ingegnere Marco Mancini, approvate successivamente, in via definitiva, dal Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino. A maggio del 2015 il piano Mancini è stato approvato dal Consiglio comunale. Già allora quella che era la minoranza ha cominciato a sviluppare delle perplessità sulla realizzazione delle vasche di laminazione e di conseguenti espropri, uno dei punti che non hanno convinto il centro destra.

Per l’approvazione del piano Mancini serviranno circa 150 milioni di euro. Il 7 agosto del 2015 si è concretizzata la certezza che il piano Mancini sarebbe presto diventato realtà. L’allora amministrazione comunale guidata da Gianni Giovannelli, aveva comunicato la ricezione di alcuni finanziamenti da parte dell’allora governo guidato da Matteo Renzi e dalla Regione. Olbia è stata inserita nel piano strategico Italia Sicura, e aveva ricevuto 82 milioni di euro per realizzare le opere. Sembrava quasi decisa l’approvazione del piano, grazie al raggiungimento della cifra di 125milioni. Il piano Mancini sembrava una realtà concreta, da realizzare entro il 2016.

Ma le polemiche sul progetto per salvaguardare la città dal rischio idrogeologico non si placano. Si parla di una potenziale pericolosità delle vasche di laminazione. Al piano Mancini si affianca il piano alternativo della Technital, diventato cavallo di battaglia della campagna elettorale del sindaco Settimo Nizzi, nel 2016. Il 28 dicembre del 2017 le ruspe inviate dalla Regione per effettuare i carotaggi nei terreni destinati alla realizzazione del piano Mancini, contro il rischio idraulico, sono state costrette a fare marcia indietro.

Il progetto alternativo è stato presentato nel 2018, dove si abolivano le vasche di laminazione alle porte della città. ”Sono pericolose e vanno eliminate dalla città, al loro posto un canale scolmatore”. Questo è il motto per screditare il piano Mancini. Il nuovo piano alternativo viene proposto in un Consiglio comunale nel 2018, dove si analizzano i rischi dello studio avversario. I finanziamenti per l’attuazione di un piano di protezione della città sono a rischio. Il Comune di Olbia avvia una guerra con la Regione per boicottare il piano Mancini. Si indice un referendum, il 24 febbraio del 2019 per fare esprimere i cittadini sulla contrarietà al piano Mancini, ma il Tribunale di Cagliari lo blocca: è illegittimo. L’ente olbiese viene condannato a pagare le spese: 300mila euro. Intanto si rischia di perdere i finanziamenti legati all’attuazione del piano idrogeologico. Il piano Mancini arriverà alla bocciatura il 3 gennaio 2021, finita al centro di un’inchiesta della procura di Tempio.

Condividi l'articolo
Gallura Oggi il quotidiano di Olbia e della Gallura | Notizie da Olbia, eventi in Gallura